Osservatorio Media – Psy*Co*Re https://www.psycore.it The Multidisciplinary Italian Network for PSYchedelic and COnsciousness REsearch Sun, 09 Apr 2023 01:27:25 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.8.3 https://i0.wp.com/www.psycore.it/wp-content/uploads/2020/04/cropped-Screen-Shot-2020-04-26-at-7.58.23-AM-1.png?fit=32%2C32&ssl=1 Osservatorio Media – Psy*Co*Re https://www.psycore.it 32 32 176450119 Respinto il ricorso sulla “tabellizzazione” dell’ayahuasca https://www.psycore.it/respinto-il-ricorso-sulla-tabelizzazione-dellayahuasca/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=respinto-il-ricorso-sulla-tabelizzazione-dellayahuasca Sat, 08 Apr 2023 15:28:02 +0000 https://www.psycore.it/?p=3456 Leggi tutto]]> Rispetto all’inclusione da parte del governo italiano tra le sostanze proibite delle due piante da cui vengono estratti i principi attivi (armalina, armina e DMT) dell’ayahuasca, arriva ora la (prevista) notizia che il TAR del Lazio ha respinto il ricorso della ICEFLU — come riporta FuoriLuogo:

Con la sentenza 06031/2023 pubblicata oggi il TAR del Lazio ha respinto il ricorso contro l’inserimento da parte del Ministero della Salute dell’Ayahuasca nella tabella I delle sostanze illegali regolate dal Testo Unico sulle droghe. Ne ha dato notizia in una nota la Chiesa Italiana del Culto Eclettico della Fluente Luce Universale (ICEFLU) che valuterà quali iniziative intraprendere a seguito di questa decisione.

I giudici amministrativi pur rilevando come “l’ayahuasca e le piante in essa contenute non sono internazionalmente proibite dalla convenzione sulle sostanze psicotrope del 1971” hanno valutato che ai sensi del DPR 309/90 lo Stato possa inserire fra le sostanze illegali anche quelle non inserite nelle tabelle internazionali ma ritenute potenzialmente a rischio per la salute a seguito di “nuove acquisizioni scientifiche.” (art. 14, DPR 309/90). Non hanno convinto i magistrati nemmeno le contestazioni rispetto all’istruttoria, che per i ricorrenti non avrebbe tenuto conto degli studi sulla sostanza. Per il TAR del Lazio il parere di Istituto Superiore della Sanità e Consiglio superiore di sanità (quest’ultimo di nomina governativa) sono di per sè sufficienti a integrare l’iter preparatorio, insieme alle (due) segnalazioni del Sistema di allerta rapida e di ulteriori due segnalazioni di intossicazioni da parte del Centro Anti Veleni di Pavia in oltre 10 anni.

Per i giudici i ricorrenti non sono riusciti a dimostrare che “nel caso dell’ayahuasca e dell’armina e armalina si tratti di un mero effetto onirico visionario, quale stato modificato della coscienza, e non invece di un effetto allucinogeno” che è uno dei motivi per l’inclusione delle sostanze in tabella I della Jervolino-Vassalli come sostenuto dal Ministero. E’ stata respinta anche la richiesta di deroga per l’uso sacramentale dell’ayahuasca, sottoposta dall’ICEFLU che non essendo prevista per legge per il Tribunale Amministrativo Regionale “costituirebbe un precedente astrattamente riferibile a un numero indefinito di situazioni e di sostanze, con ogni conseguenziale rischio per la salute pubblica, unica finalità perseguita dall’amministrazione con l’inserimento delle sostanze nelle tabelle di cui al d.P.R. n. 309/1990“.

Infine anche la questione di legittimità costituzionale per violazione degli artt. 3 e 19 della Costituzione per i Giudici laziali “appare del tutto destituita di fondamento”. Oltre a non ritenere che il provvedimento violi il diritto religioso così come garantito dalla carta costituzionale il TAR richiama la sentenza 28167/2007 della Corte europea dei diritti dell’uomo che si era occupata di un caso analogo in cui una seguace del culto olandese che contestava il divieto di uso dell’ayahuasca durante le cerimonie. La Corte EDU nel caso specifico aveva stabilito “che il divieto di uso e consumo era da ritenersi legittimo in quanto non violativo dell’art. 9 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (nei medesimi termini, l’art. 10 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea tutela altresì la libertà di pensiero, di coscienza e di religione) in considerazione della circostanza che il divieto di uso della bevanda è stato motivato dalla necessità della tutela della salute pubblica (e dell’ordine pubblico).”

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Fact-checking: Changa, l’invenzione di un occidentale??? https://www.psycore.it/changa-linvenzione-di-un-occidentale/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=changa-linvenzione-di-un-occidentale https://www.psycore.it/changa-linvenzione-di-un-occidentale/#comments Fri, 31 Mar 2023 08:56:42 +0000 https://www.psycore.it/?p=3433 Leggi tutto]]> Changa blendRiprendiamo l’attività dell’Osservatorio Media, ovvero il “fact-checking” della scena psichedelica, avviata tempo fa esaminando un articolo dedicato all’ayahuasca, occupandoci qui di DMT e changa – sostanze che al pari dell’ayahuasca nel tempo hanno dato vita a diverse “leggende urbane”. Stavolta anzi ad alimentarle non è solo la vulgata popolare bensì proprio quanti, sia in Italia che all’estero, vengono percepiti come dei veri “esperti”.

È il caso dell’australiano Julian Palmer, che sulla base delle sue conoscenze personali, della sua limitata esperienza personale e di materiale autoreferenziale da lui scritto si è autoproclamato “il padre della changa“. Dichiarando altresì di aver concettualizzato in chiave occidentale questo preparato che potremmo definire una “ayahuasca fumabile” come uno spinello, quindi con una “ritualità” conforme alla nostra matrice culturale.

A metterci in guardia però su questa affermazione fu già un intervento di Giorgia Gaia nel corso degli Stati Generali della Psichedelia in Italia del 2021, quando spiegò brevemente come su questo tema si fosse accesa una forte polemica sui forum specializzati e che in realtà Julian non ne era l’inventore ma sicuramente uno dei maggiori divulgatori. Partendo da qui abbiamo pensato di andare a fondo sulla questione cercando di fare ulteriore chiarezza.

La changa è la combinazione di DMT e betacarboline da fumare in una base vegetale secca, e per certi versi non è altro che una “enhanced leaf”, cioè del materiale vegetale infuso con principi attivi. Sarebbe come appropriarsi dell’invenzione del decotto o della tintura alcolica. In ogni caso, il concetto e la pratica di mischiare questi due ingredienti specifici e fumarli è antichissimo, sembra anzi risalire a prima dell’anno 2000 a.C.. Ad esempio, nei siti Inca di Cueva e Huachichocana in Argentina sono state ritrovate due pipe d’osso di puma e dei semi di Anadenanthera e Prosopis (un genere contente betacarboline). L’analisi del materiale ha individuato la presenza di DMT [AA, DISTEL. “Hallazgo de un sitio aceramico en la Quebrada de Inca Cueva.(Provincia de Jujuy) Découverte d’un site sans céramique du ravin de Inca Cueva (Province de Jujuy).” Relaciones 7 (1973): 197-235.].

A quanto pare esiste pure una polvere da fiuto tradizionale chiamata “changa” usata nelle tribù amazzoniche Quetchua e Shipibo, che consiste in foglie di Banisteriopsis caapi  (già presenti nel decotto dell’ayahuasca) polverizzate e mescolate con altre piante triptaminiche.

Spostandosi in occidente, non mancano i resoconti degli anni ’90 pubblicati sulla Entheogen Review che documentano il consumo di changa. Lo stesso Jonathan Ott, famoso etnobotanico, scrive di aver fumato il DMT infuso su foglia di caapi in quegli anni. Nella storica Psichedelics Encyclopedia di Peter Stafford, risalente al 1977 e ripubblicata nel 1993, vengono descritte diverse erbe infuse col DMT destinate ad essere assunte tramite combustione.

Nel suo libro Frammenti di un insegnamento psichedelico (Spazio Interiore, 2017) Palmer ribadisce di essere il creatore della changa. È assurdo pensare che sembri più plausibile che questa combinazione di due piante amazzoniche sia stata scoperta non dai nativi che le consumano da sempre, ma da un australiano nel 2000. Claim of fame del genere richiedono un’attenta verifica o si rischia proprio di riscrivere la storia in base a quanto dice tizio o caio.

A dire il vero anche altri editori nostrani hanno pubblicato con una certa disinvoltura testi che in realtà richiedevano revisioni importanti, vedasi Pharmako/Gnosis di Dale Pendell (Add, 2022), venduto come grimorio da non perdere ma che sottoposto a verifica ha generato più di 8 cartelle di errori e inesattezze, come abbiamo subito segnalato. Ovvio che il forte ritorno d’interesse verso i risvolti dell’universo “psichedelia” abbia generato simili rilanci anche nel Bel Paese, ma occorre stare attenti. E molto.

Oscar Wilde diceva: «Non c’è una seconda occasione per fare una buona prima impressione». È un peccato che anche certi ambienti della psichedelia globale perdano questa occasione del «far buona la prima». Un peccato ancor più grande se consideriamo la delicatezza dell’argomento. Segnalateci altri argomenti da sottoporre a verifica. Se vi sta a cuore l’argomento, non esitate a scriverci!

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Australia: approvato l’uso psico-terapeutico di MDMA e psilocibina https://www.psycore.it/australia-approvato-luso-psico-terapeutico-di-mdma-e-psilocibina/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=australia-approvato-luso-psico-terapeutico-di-mdma-e-psilocibina Sun, 05 Feb 2023 16:12:37 +0000 https://www.psycore.it/?p=3402 Leggi tutto]]> Dal prossimo primo luglio, l’Australia sarà il primo paese al mondo dove gli psichiatri potranno legalmente prescrivere Mdma (per la cura del disturbo post-traumatico da stress) e psilocibina (per il trattamento della depressione resistente ad altre terapie). Pur trattandosi di una “detabellizzazione” ristretta a questi protocolli terapeutici, si tratta di un importante riconoscimento anche a livello legislativo delle necessità di rivedere l’approccio generale alle sostanze psichedeliche.

Non a caso, fra le varie reazioni in loco, il dottor David Caldicott, docente di medicina d’urgenza presso l’Australian National University, ha spiegato che una fornitura controllata di Mdma o psilocibina “può avere effetti notevolissimi su condizioni spesso considerate refrattarie al trattamento…oltre alla possibilità di recuperare decenni di opportunità perdute di approfondimento del funzionamento interno della mente umana”, percorso abbandonato “per così tanto tempo nel quadro di una ‘guerra alla droga’ ideologica e mal concepita”.

Il governo federale ha deciso, dopo estese consultazioni pubbliche e il parere positivo degli esperti medici nonché dell’Advisory Committee on Medicines Scheduling, di spostare le due sostanze nella tabella 8 (sostanze controllate) dalla precedente 9 (sostanze proibite) per queste specifiche applicazioni. Per ogni altro caso ovviamente MDMA e psilocibina restano del tutto illecite.

Tra le prime linee-guida per l’applicazione di fatto, gli psichiatri dovranno richiedere l’approvazione ad un’apposito commissione etica e seguire altre procedure definite dalla Therapeutic Goods Administration (Tga) di Canberra soprattutto rispetto alla propria conoscenza e formazione nel campo specifico.

Altro punto da risolvere riguarda l’approviggionamento, non essendo previste per ora produzioni legali di tali sostanze. Invece gia’ presenti alcune norme a salvaguardia dei pazienti, onde prevenire abusi di vario tipo mentre si trovano “in condizioni particolari” sotto l’effetto delle sostanze. In definitiva, “ciò consentirà a tutti i soggetti coinvolti di testare l’intero processo”, ha spiegato Vinay Lakra, presidente della Royal Australian and New Zealand College of Psychiatrists.

La decisione del governo australiano potrebbe aprire la strada per dare una scossone alle norme internazionali tuttora di taglio proibizionista e indicare una via praticabile, qui e ora, per una necessaria ed oculata “de-tabellizzazione” di sostanze ancora illecite ma alquanto utili e diffuse.

Nel complesso, un ulteriore segnale di apertura e cambiamento che va ad aggiungersi al percorso, in atto da tempo negli Stati Uniti, per la depenalizzazione personale di alcuni psichedelici in ambito locale (l’ultima città a deciderlo è stata San Francisco lo scorso autunno. Ricordando che MAPS (Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies) è agli ultimi passi dei test clinici per ottenere l’approvazione dell’MDMA per il trattamento del disturbo post traumatico da stress (PTSD) e Compass Pathways sta seguendo un analogo percorso con la psilocibina per la depressione.

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Osservatorio Media 1: a proposito di ayahuasca e informazione https://www.psycore.it/a-proposito-di-ayahuasca-e-informazione/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=a-proposito-di-ayahuasca-e-informazione https://www.psycore.it/a-proposito-di-ayahuasca-e-informazione/#comments Mon, 15 Feb 2021 21:28:51 +0000 https://psycorenet.org/?p=1798 Leggi tutto]]> Dopo il lancio della rubrica di etnobotanica, inauguriamo un nuovo spazio periodico dedicato al  fact-checking su quanto viene pubblicato sui media italiani riguardo alle sostanze cosiddette “psichedeliche” e dintorni. Come ulteriore passo nel percorso collettivo “verso la maturità psichedelica“, proveremo a offrire una lettura critica costruttiva, puntando su un approccio obiettivo ed epistemico, multivocale e riflessivo. Con il caldo invito a commentare  liberamente in calce al post stesso (evitando, come sempre, le polemiche e attendendosi a dati oggettivi e fonti verificabili).

La scelta di questa prima uscita della rubrica è stata quasi casuale, visto che recentemente sul web italiano ha preso a circolare, in modo apparentemente inspiegabile, questo articolo risalente al febbraio 2020, oltre a un recente servizio de Le Iene (su Italia 1) che ha riproposto il medesimo episodio di Fiuggi. A scanso di equivoci, quindi, la nostra analisi non ha nulla di personale nei confronti del giornalista, né del giornale con cui collabora(va). Buona lettura!


Viste le ormai frequenti incursioni dei media mainstream sulla psichedelia, ci è parso utile sintetizzare qui di seguito il quadro complessivo di questo ambito specifico, a partire dal fact-checking di un intervento risalente a circa un anno fa che esemplifica l’approccio della “grande informazione” in Italia.

Ayahuasca (da Wikipedia) Apparso sul sito web de Il Giornale, a firma di Paolo Manzo, corrispondente dal Brasile, l’articolo prende le mosse da un fatto di cronaca: “Allarme ayahuasca, la droga letale «indigena» sbarca in Italia. Durante un controllo antidroga i Carabinieri hanno infatti sequestrato venerdì scorso in un appartamento di Fiuggi capsule contenenti all’interno polvere di ayahuasca. Denunciati a piede libero per «produzione, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti», un 25enne di Aprilia, un 35enne svedese, un 40enne trevigiano e un 24enne di Roma”.

Tuttavia del caso specifico nulla viene detto, anche se parrebbe rilevante: abbiamo contattato uno dei denunciati, che ci ha spiegato com’è andata. I carabinieri, in parte in divisa in parte in borghese, si sono presentati con un mandato di perquisizione presso un casale dove il gruppo Ayahuasca Italia svolgeva ritiri e sessioni private. Il mandato di perquisizione era stato però emesso per tutt’altro motivo: le forze dell’ordine erano alla ricerca della pianta dell’iboga. Questo verosimilmente perché il gruppo italiano fa parte di una rete più estesa, che in altri Paesi propone nei suoi ritiri anche la pianta di origine africana.

I carabinieri hanno quindi proceduto al sequestro di numerose sostanze (tra cui rapé, incensi, resine, mambe) e hanno denunciato le persone coinvolte, che rimangono in attesa del risultato delle indagini chimiche. Tra queste, c’è anche un ridotto quantitativo di ayahuasca, in forma di decotto, quindi non «capsule contenenti all’interno polvere di ayahuasca», come si legge nell’articolo.  Si noti che il gruppo in oggetto è già stato, in più occasioni, criticato e la sua attività risulta per molti versi censurabile.

Certamente non ne vanno nascosti gli utilizzi ambigui e i “curanderos” senza scrupoli, bensì denunciati e puntualizzati correttamente, anche e soprattutto per chi ne sa poco. In tal senso va ricordata la dichiarazione di oltre cento accademici, attivi sul campo, in appoggio al popolo Cofan, in una diatriba emersa nell’estate 2015 che coinvolgeva Alberto José Varela, a capo dell’organizzazione Ayahuasca International e del suo ovvio modello iper-commerciale.

Procediamo ora a una disamina di quanto affermato nell’articolo italiano di cui sopra. (>> Continua qui…>>)

1. L’ayahuasca sarebbe «oggi ingurgitata soprattutto da occidentali»: affermazione che non risulta in alcun modo confermata dalla ricerca antropologica sul campo. Si ritiene, anzi, che la pozione, a differenza di altre sostanze, sia strettamente legata al contesto culturale e religioso nel quale viene prodotta e utilizzata: la foresta amazzonica. È tuttavia vero che il fenomeno del “turismo dell’ayahuasca”, ormai da vari anni, va innescando dinamiche complesse, decisamente non solo benefiche, soprattutto per le comunità indigene interessate. Comunque, come già menzionato, nel fatto di cronaca riportato si è sequestrato un ridotto quantitativo del decotto in forma liquida, quindi non «polvere di ayahuasca».

Si prosegue definendola «droga dagli effetti devastanti». Il massimo esperto etnobotanico italiano, Giorgio Samorini, nei due volumi del 2019 Terapie Psichedeliche, curato insieme ad Adriana D’Arienzo, specialista anestesiologa esperta in neurofarmacologia, riporta che, sulla base degli studi scientifici, «la ricetta classica dell’ayahuasca, composta delle sole piante B. caapi e P. viridis, sembra ragionevolmente sicura in termini di impatto fisiologico quando somministrata a individui in buone condizioni di salute. Gli effetti collaterali più frequenti sono la nausea e il vomito, soprattutto se le dosi vengono ripetute nell’ambito della medesima sessione» (p. 459).

Altresì dimostrata in numerosi studi scientifici la sua utilità nel curare la depressione (op. cit., pp. 492 ss.), come le dipendenze (pp. 522 ss.), in particolare da alcol e da tabacco, come anche da cocaina e da eroina. Vengono altresì segnalati gli studi condotti in merito, i meccanismi d’azione farmacologica e le proprietà terapeutiche, che vanno dalla cura delle dipendenze alla sua efficacia nel Parkinsonismo (pp. 579 ss.) e in altre patologie neurodegenerative, dalla terapia del cancro (pp. 573 ss.), ai disturbi dell’alimentazione (pp. 605 ss.) e come antidiabetico.

Sulla base degli studi compiuti risulta che, in particolare «nelle comunità tradizionali e religiose che usano l’ayahuasca come sacramento è stato osservato un particolare benessere psicologico, una maggiore consapevolezza dei propri limiti e delle proprie risorse, una predisposizione alla vita di gruppo e alla collaborazione, un miglioramento dei disturbi precedenti all’ingresso nel gruppo – dipendenze comprese – e questo benessere si mantiene nel corso degli anni» (pp. 529 ss.), tant’è vero che ci sono numerosi centri di terapia che usano l’ayahuasca (pp. 524 ss.).

2. «L’Ayahuasca sarebbe un «potentissimo allucinogeno che contiene DMT in quantità». Pur essendo vero che il DMT è tra le più potenti sostanze psichedeliche, normalmente, sempre sulla base delle rilevazioni fatte, nell’Ayahuasca la percentuale di DMT risulta estremamente ridotta. Menozzi, nel suo libro del 2013 Ayahuasca, la liana degli spiriti, riporta una tabella che elenca una dozzina di rilevamenti della concentrazione di alcaloidi in diverse partite di ayahuasca, riportando una media di DMT dello 0,048% (p. 198). Queste rilevazioni sono state condotte da vari ricercatori su campioni provenienti da gruppi diversi (di vari gruppi indigeni, dell’União do Vegetal e del Santo Daime).

Certo, la dimetiltriptammina (DMT) è, come scrive Paolo Manzo, una sostanza vietata a livello internazionale, inserita nella tabella I della Convenzione sugli stupefacenti dell’ONU, quindi ne è vietata, oltre a produzione detenzione utilizzo vendita, anche la ricerca clinica. L’autore prosegue però affermando che «è invece legale nei paesi latinoamericani»: non è così, perché anche i paesi dell’America Latina aderiscono alla Convenzione ONU. Quindi anche in quelle regioni il DMT è illegale. Ciò che non è illegale è l’ayahuasca: per esempio in Perù è un patrimonio nazionale, in Brasile ne è lecito l’uso rituale religioso.

Manzo sembra confondere l’ayahuasca con il DMT in essa contenuto, come si è già visto, in quantità molto ridotte. E aggiunge che il DMT sarebbe legale nei paesi latinoamericani «a causa del Santo Daime, un culto sciamanico». Ma è piuttosto l’uso religioso dell’ayahuasca (non del DMT!) che, dopo lunghi anni di battaglie e feroci discriminazioni, ha trovato la via della legalità, in accordo con le autorità governative brasiliane. Tra l’altro, l’iniziativa per la legalizzazione venne soprattutto propiziata dalla União do Vegetal (UDV), un’altra religione ayahuasquera, e non dal Santo Daime.

Più nello specifico, è fuorviante definirlo «culto sciamanico», essendo piuttosto una chiesa sincretica che è parte integrante del panorama spirituale e religioso brasiliano, riconosciuta e rispettata dai governi e dalle altre congregazioni religiose, che ha conosciuto negli ultimi 30 anni una diffusione in tutti i continenti del mondo.

Sulla Dottrina della Foresta e il Santo Daime, si veda Menozzi (op. cit., pp. 109 ss.). Dove si riporta (pp. 106-7) che numerosi antropologi concordino nell’identificare il Santo Daime come “sistema sciamanico”, in cui si avrebbe un esempio di “sciamanesimo collettivo”, presentando numerose corrispondenze con le pratiche di tipo sciamanico (seguendo la definizione di Eliade delle “tecniche primordiali dell’estasi”, in particolare il volo per la regione degli spiriti, lo smembramento iniziatico, il processo di sofferenza morte e risurrezione). Ricordando però che questa è soltanto una delle componenti del particolare sincretismo che caratterizza il Santo Daime (op. cit., pp. 140-146).

Sul tema della processo di legalizzazione in Brasile, sempre Menozzi riferisce che «dopo una provvisoria inclusione della Banisteriopsis caapi nella lista delle sostanze proibite nel 1985, gli organi governativi responsabili del controllo in materia di stupefacenti hanno riconosciuto legalmente il diritto all’uso rituale dell’ayahuasca dopo un’approfondita analisi multidisciplinare che ha visto giuristi, psichiatri, medici e sociologi studiare per due anni le comunità religiose utilizzatrici e verificando personalmente, partecipando ai rituali e assumendo ayahuasca, di che cosa si trattasse realmente» (pp. 282 ss.).

Le ricerche hanno avuto esito positivo e hanno permesso la prosecuzione pacifica e indisturbata della ritualità e della vita religiosa comunitaria del gruppo. Vent’anni dopo, in seguito a ulteriori conferme dal punto di vista medico-scientifico sulla non pericolosità della sostanza, gli organi governativi hanno legiferato, in accordo con le varie congregazioni religiose, in maniera puntuale a tutela dell’uso rituale. Nel 2004, con la Risoluzione n. 4, il CONAD (Consiglio Nazionale Antidroga del Governo brasiliano – ex CONFEN) ha deliberato un regolamento con cui si riconosce appieno l’uso rituale dell’ayahuasca, prevedendo anche l’istituzione di un Gruppo multidisciplinare di lavoro per la ricerca dell’uso terapeutico dell’ayahuasca (p. 262).

In Italia lo status legale dell’Ayahuasca è materia controversa, come nella maggior parte degli altri paesi europei. Ad oggi non esiste alcuna legge o decreto che sancisca un espresso divieto riguardo all’utilizzo, al commercio o alla somministrazione a terzi dell’ayahuasca in sé e per sé: tuttavia la presenza di DMT (inserita nella Tabella I allegata al Testo Unico sugli stupefacenti, DPR 390/90) al suo interno la rende passibile di interpretazioni discordanti.

La Corte di Cassazione si è espressa con un’importante pronuncia (sentenza n. 44229/2005), constatando che, non essendo le piante di provenienza vietate, l’ayahuasca, in quanto semplice miscela delle stesse, non poteva di per sé ritenersi uno stupefacente per l’ordinamento italiano. Tuttavia, una preparazione (in questo caso si intende il decotto), se contenente sostanza tabellata come in questo caso, sarebbe, in via teorica, vietata. La Corte ha, specificando, statuito che se una tale preparazione non si limita ad essere un semplice “processo derivativo”, ma rende piuttosto possibile un potenziamento degli effetti della DMT rispetto alle piante al naturale, è perseguibile penalmente. Tale formulazione, che qui si semplifica, è tratta da una lunga argomentazione delle Suprema Corte, non priva di ambiguità, che ha dato esiti contrastanti nei singoli processi di merito. In particolare perché l’accertamento di un potenziamento (anche definito dalla Corte “surplus di incidenza del principio attivo”) nel caso specifico può dare luogo a sequestri e indagini, fino a instradare processi penali.

Tendenzialmente i sequestri, in particolare in occasione di importazioni o spedizioni postali, hanno portato all’ archiviazione giudiziaria e alla restituzione della sostanza sequestrata – pur se alcuni processi sono ancora in corso.

Tornando ancora all’articolo di Paolo Manzo, non risulta un uso del termine «droga di Dio» per l’ayahuasca, come non è corretto dire che Ayahuasca “in portoghese significa «Dai-me»”, è piuttosto uno dei tanti nomi della bevanda (altri sono yagé, kamarampi, capi, iko, natema, unì, etc.), usato nel contesto di quei particolari gruppi. Il termine “ayahuasca” viene solitamente tradotto in italiano con “liana degli spiriti” (Menozzi, op. cit., p. 14). Il termine “Dai-me” deriverebbe invece dall’invocazione fatta da Raimundo Irineu Serra, fondatore della religione ayahuasquera del Santo Daime, rivolta alla Regina della Foresta al momento della sua iniziazione: “Dai-me o perdão” (perdonami). Frequenti, in particolare, negli inni del Santo Daime, le invocazioni “Dai-me Luz, Dai-me Amor, Dai-me Paz!” (dammi luce, dammi amore, dammi pace).

3. Nell’articolo si legge anche : Il «thè» viene preparato dai membri della setta del Santo Daime con una cerimonia che dura una settimana, nel corso di una celebrazione chiamata «feitio». Quest’aspetto è meritevole di approfondimento, rimanendo spesso tralasciato: il feitio è infatti uno dei più importanti lavori spirituali (trabalho espiritual) del Santo Daime, se non il più importante, essendo la preparazione, altamente ritualizzata e strutturata, della bevanda sacra. Tale preparazione è pregna di significati simbolici e sacramentali (in termini di una consacrazione, di un’“alchimia divina”) e viene compiuta in specifici momenti, in relazione alle fasi lunari, in un edificio appositamente adibito allo scopo, secondo le istruzioni lasciate dal fondatore Raimundo Irineu Serra (Menozzi, op. cit., pp. 135 ss.).

4. Per quanto Paolo Manzo faccia riferimento a «morti causate da questa droga», la letteratura antropologica non segnala alcun decesso direttamente causato dall’ingestione della pozione (l’overdose è praticamente impossibile), ma è vero che se ne sono registrati alcuni le cui circostanze avevano a che fare con tali cerimonie.

In parte si tratta di effetti indiretti e/o casi in cui all’ayahuasca erano state aggiunte altre piante: tabacco mapacho (Nicotiana rustica), e/o piante ad effetto delirogeno come la toè, detta anche floripondio (Brugmansia suaveolens), o il chiric sanango (Brunfelsia grandiflora). L’aggiunta di queste piante, usate nella tradizione indigena e vegetalista, può apportare rischi specifici. Nel caso delle religioni sincretiche ayahuasquere, come nella maggior parte degli usi “neo-sciamanici” o terapeutici, si usa l’ayahuasca nella sua ricetta “classica”, a base della liana Banisteriopsis caapi e della foglia della Psycotria Viridis, in pochi casi a quest’ultima si sostituisce la Diplopterys cabrerana. In Brasile i gruppi religiosi che usano ritualmente il decotto si sono accordati con le autorità, garantendo l’utilizzo esclusivo di quest’ultima ricetta, fissando così uno standard da questo punto di vista, prevedendo anche un codice etico generalmente applicato in materia.

È quindi importante, anche solo per dovere d’informazione, ricordare che l’assunzione di questa bevanda impone particolari cautele, da più punti di vista, che non si tratta di una medicina adatta tutti e che l’uso può comportare dei rischi.

Dal punto di vista fisico, le beta-carboline contenute hanno un effetto inibitorio sulle monoammino ossidasi (MAO), e la combinazione di queste con certi cibi contenenti tiramina può produrre crisi ipertensive. Così pure la combinazione con altre sostanze chimiche (farmaci o droghe d’abuso) può comportare rischi significativi. In particolare la combinazione dei MAO-inibitori con gli psicofarmaci SSRI (selective serotonin reuptake inhibitors, inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina) e con altri antidepressivi può produrre una sindrome serotoninergica.

Dal punto di vista psicologico, gli effetti psichedelici dell’ayahuasca possono essere molto intensi, innescando un’esperienza interiore profonda, catartica e trasformativa: non è raro che si diano stati d’animo di paura o di angoscia in certi passaggi (bad trip). Queste situazioni normalmente si risolvono con il passare dell’effetto.

Tuttavia si possono dare casi di forte abreazione psicologica anche dopo l’esperienza, come attacchi di panico, paura di morire o di impazzire, in alcuni casi sintomi di psicosi. Si noti che i maggiori rischi non si danno sul versante tossicologico, ma da quello psicologico. Questi rischi non si danno in contesti strutturati e organizzati (setting), nei quali i partecipanti vengono sottoposti a uno screening sulla loro storia personale, sulle eventuali patologie anche pregresse, con attenzione all’intento che motiva l’assunzione (set).

Questi screening sono anche volti a escludere in via precauzionale chi ha diagnosi di schizofrenia o di disordine bipolare – persone a cui si sconsiglia, tendenzialmente, di partecipare.

Quanto detto porta generalmente a consigliare l’assunzione in un contesto rituale o terapeutico, scegliendo una persona competente e affidabile, dato che l’esperienza dipende in modo rilevante da dal modo con cui viene guidata, dalle dinamiche relazionali complessive se in gruppo, e dal mantenimento di un contesto eticamente e moralmente appropriato. Si sottolinea questo aspetto, perché i casi di malpractice, si è visto in più occasioni, possono anche finire molto male.

4. Né facile, né allucinata, né assassina. Riconoscendo che, in alcuni casi, questa pericolosissima polvere (che è un decotto) può fare uscire di senno – soprattutto, evidentemente, chi ne parla senza sapere ciò di cui parla – si vuole qui interpretare la richiesta del Manzo di chiarire i rischi che corre chi assume questa sostanza come una disperata richiesta di aiuto, cui vogliamo dar seguito.

Chiarite le grossolanità, imprecisioni e falsità che vengono immesse nell’opinione pubblica da parte dei mezzi d’informazione, esemplificate nell’articolo di cui qui si è voluto (dovuto!) fare il fact-checking, si potrà procedere a una più chiara e seria esposizione di che cos’è, da dove viene e quali effetti ha la misteriosa bevanda amazzonica dell’Ayahuasca.

 

Bibliografia italiana:

Siti web utili:

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