Cile: filosofia psichedelica nella musica e nell’arte

Proponiamo di seguito l’intervento di Andrea Orsini alla recente edizione 2021 degli Stati Generali della Psichedelia in Italia (SGPI21). Si tratta di una conversazione con AtomTM, maestro della musica elettronica e tecno, artista visivo e raver, ed Enrique Rivera, curatore d’arte e direttore della Bienal Artes Mediales di Santiago. Si parte da domande relative all’influenza della psichedelia nel lavoro di due interpreti della contemporaneità nella musica elettronica e nelle arti mediali. L’influenza delle esperienze personali nelle loro produzioni e la relazione ricercata con il pubblico. Esiste uno schema: dispositivo ipnotico – trance – catarsi? E in che modo si compone nella creazione? Le arti mediali, al di là dei meccanismi condizionanti del sistema-mercato, possono incontrare un focus e uno spazio di influenza nella ricerca di una nuova epistemologia e di una nuova visione dell’umano?

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Corrispondo dal Cile. Questo paese nella sua storia culturale moderna presenta aspetti originali di intreccio tra psichedelia, arte, filosofia, medicina, musica, antropologia, letteratura, psicologia, scienza e danza. La cultura cilena ha una vocazione all’interdisciplinarità che ha favorito esplorazioni inusuali e d’avanguardia.
Vi propongo un’intervista a due esponenti di questo Cile, il musicista, Uwe Schmidt, conosciuto con l’alias di AtomTM, e il curatore d’arte Enrique Rivera. La registrazione è stata realizzata specialmente per gli SGPI21. Uwe ed Enrique ci parlano della psichedelia in ambito musicale, artistico e culturale. Li ho invitati a questa riflessione comune perché persone molto attive nella produzione di eventi, e a contatto con la realtà cilena in una fase sociale e politica per alcuni aspetti straordinaria.

Se il Cile della dittatura è stato il primo laboratorio del neoliberismo dei Chicago boys, oggi con la vittoria del trentacinquenne Boric e la costituente presieduta da Elisa Loncon, donna di medicina Mapuche, si candida a diventare il laboratorio di un eco-stato basato sulla parità di genere e il rispetto delle minoranze. Certo, il conflitto economico tra ricchi e poveri è alla base di quanto sta succedendo. Ma si commetterebbe un grande errore a non vedere in questo movimento di trasformazione, presenti e centrali, altri due aspetti tra loro collegati: il superamento del patriarcato e il cambio di paradigma nei confronti della Natura, che vuol dire cambio della percezione e nuova coscienza. L’insorgenza degli ultimi due anni è stata fortemente ancestrale, magica e psichedelica, femminista e sessuale relativamente al rovesciamento del concetto di genere.

Idee che sono state sostenute e promosse da Claudio Naranjo, che a sua volta si è formato in un contesto collettivo di lunga gestazione. L’Lsd è stato introdotto in Cile nel 1959 da Lola e Franz Hoffmann nell’ambito di terapie di gruppo all’interno della Clinica Psichiatrica dell’Università del Cile diretta da Ignacio Matte Blanco. Junghiani eclettici e molto attivi, con la loro Scuola di Antropologia Medica hanno influenzato molti, oltre al giovane Claudio. E non parlo solo di ricercatori accademici come Maturana e Varela, con la loro scoperta dell’autopoiesi, o Rolando Toro con la biodanza.

Alla fine degli ’80 si è creata una fusione tra punk e psichedelia promossa dai giovanissimi “pinochetboys”, una fusion di teatro-danza, musica, performance, arte e poesia, che ha lasciato un segno permanente, oggi celebrata nel film documentario “Vicente Ruiz: A Tiempo Real” realizzato da Matías Cardone y Julio Jorquera. Ma in generale osservo una larga diffusione di gruppi che usano le medicine sacre in tutte le declinazioni, dalle più tradizionali, collegate al mondo sciamanico, a quelle di integrazione con la psicoterapia, con la meditazione, con l’arte, la musica. la scienza, o semplicemente collegate all’insorgenza esistenziale e anarchica della gioventù. Tutte queste linee convivono e formano una bella “nebulosa” psichedelica.

Chiaramente con questa breve carrellata non posso dare conto di tutto il contesto, ma spero di aver reso le motivazioni e lo sfondo che accompagnano la nostra conversazione.

Andrea: Atom, musica e psichedelia. É un campo molto vasto, come sappiamo. Ci sono contesti completamente distinti di usi delle sostanze e della musica, ad esempio Naranjo proponeva anche Brahms nelle sessioni, poi abbiamo tutto il mondo dei rituali, dove si usano le musiche del mondo sciamanico “Los Ícaros”, e dunque: qual’é la specificità della musica tecno nella tua esperienza?
Atom: Bene, la tua domanda contiene un paio di concetti comuni che bisogna chiarire prima… Secondo me non esiste la musica elettronica, è un tema troppo generale per poterti rispondere realmente. Altro è la psichedelia, anche questa qualcosa di molto ampio, e non potrei semplicemente mettere insieme le cose come la tua domanda pone. Piuttosto direi che le droghe in generale e le psichedeliche in particolare, sono parte della cultura popolare, in generale, che stiamo vivendo. Tutta la musica, tutto il cinema, tutta la filosofia contiene grandi elementi psichedelici, ad oggi. A volte codificati, a volte in maniera più esplicita. Ora, la musica elettronica, e la tecno per esempio, che sono sottocategorie della cultura popolare, ovviamente contengono anche questo, in certa dose, per mantenere la nomenclatura. E credo che vedendo più specificamente la storia della musica elettronica, popolare, e tecno, che è nata a fine degli anni ‘80, inizi dei ‘90, bisogna sempre vedere quali sono state le droghe di moda in quell’epoca, cosa avevano a che vedere con la creazione culturale in generale. La tecno, ad esempio, o la musica elettronica degli anni ‘90, aveva molto a che vedere con droghe come l’MDMA, con l’uso dell’LSD che era sparito un po’ negli ‘80, quindi credo che la musica ballabile elettronica che ancora…non so veramente come chiamarla oggi; si usa molto la parola “musica elettonica”, che mi disturba un po’ a dire la verità, contiene molto di quell’esperienza, dell’LSD, dell’MDMA.

Andrea: E tu vedi un cambiamento nel tempo in questo processo?
Atom: Si, vedo un cambiamento, nel senso che le droghe sono cambiate, molto, tra gli ‘80 ed oggi. Se tu vedi lo sviluppo, la genesi dell’uso delle droghe è abbastanza diverso. Ad esempio, sono state molto di moda nei ‘2000 droghe che hanno a che vedere con l’anestesia.

Andrea: Ketamina…
Atom: Ketamina, ed usi incrociati di ketamina con altre cose, che secondo la mia opinione hanno prodotto musica abbastanza diversa, come sensazione. Io credo che una persona sotto anestesia vive un rituale diverso rispetto a chi ha preso funghi. Quindi mi costa parlare di musica elettronica pensando in questi ultimi 30 o 40 anni. Per me sono segmenti abbastanza diversi, che a volte non sento molto collegati. Non mi piacciono o non mi interessano, e ci sono diverse energie, diversi usi, a seconda del momento anche.

Andrea: Vedo nel tuo lavoro molta “estetica”, nei concerti riempi la scena anche con un lavoro visuale di gran impatto, però c’è un tema sull’uso che si fa della tua musica, soprattutto nei rave, in queste feste notturne, e la mia domanda è: tu hai sviluppato una tecnologia dell’estasi attraverso la musica, cioè, la tua musica contiene dei meccanismi induttori per la trance, a parte le diverse droghe che possano usare i fruitori?
Atom: Io credo di si. Credo che l’uso di una droga, che l’esperienza con una droga ti riveli il meccanismo, o alcuni meccanismi della droga. Come funziona, quale lo stato di coscienza sotto una certa influenza, e questa conoscenza ovviamente permette di suonare in un concerto live consapevole dei meccanismi stai usando, o devi usare, per esempio, qualcosa di concreto: come si sente il tempo con una determinata droga? Qualcosa di molto basico, quasi fisico, no? Se tu non hai avuto determinate esperienze con certe droghe, tu non sai cosa significhi quell’elasticità del tempo… Che dal vivo è un’altra cosa, suonare in uno show live, o sentire un disco a casa tua, sono esperienze di tempo diverse. E per me è sempre stata importante questa ricerca. Cose di questo genere: il tempo, il suono, cosa uno ascolta…

Andrea: Ci sono ancora cose da scoprire?
Atom: Si. Molto, e credo anche che se tu parli, ad esempio, del rituale, per me il rituale è solo un uso della droga. Ovviamente un’esperienza psichedelica si espande su tutti i piani della coscienza: emozionale, fisico, razionale, tutto questo è implicato ovviamente, e la musica, nella mia opinione, la musica in generale, contiene strati di informazione. Non è solamente una musica con una sensazione: c’è ciò che è fisico, che nel live è molto presente, ma c’è anche ciò che è narrativo, intellettuale, il linguaggio, sono altri piani che forse live non sono così importanti o hanno un altro rapporto, un’altra importanza…

Andrea: Ti ringrazio e passo con questi stessi argomenti a Enrique. Insomma, l’arte è una lotta contro la codificazione, è in costante cambiamento, però, sempre ritorna al “rituale”. Qualsiasi forma di ritualizzazione, parlando in generale, della performance, del teatro, della musica, non solo di quella religiosa, è sempre un punto di arrivo. Quindi è necessaria una costante circolazione d’energia. Cosa mi dici tu, come si pone il tuo lavoro di artista mediale in quest’incrocio?
Enrique: C’è una circolarità nel senso della ricerca di una visione. Perché quando fai la Biennale, si fa ogni due anni, tu devi avere un contesto, una visione di ciò che avverrà nel tempo. Quindi capire cosa farai e che gli artisti invitati interagiranno in un contesto politico, sociale o comunitario. C’è qualcosa che
potrei dire a proposito dell’idea di Humboldt, o l’idea della relazione “umano – erbaccia – pesce abissale”, che ha ispirato la scorsa Biennale dedicata al “Quarto Mondo”, a proposito del dialogo tra specie diverse. Forse quel dialogo, giustamente, si basa su una relazione intuitiva che la psichedelia esplora, quella possibilità di diluire quel dominio della ragione, quella dittatura dell’intelletto e comprendere una relazione con l’intorno partendo da questi concetti che sono stati diffamati molte volte: la tenerezza, l’affetto, l’amore, oggi neo-liberalizzati, diventati una specie di prodotto…

Andrea: Qual’è il rapporto tra la tua visione e il lavoro ufficiale, organizzato, nel Museo di Belle Arti? Nel contesto del sistema dell’arte, che non è proprio un sistema su questa linea d’onda, ma diretto verso il mercato. Il tuo lavoro invece è orientato verso un utilizzo diverso dell’arte, “umanizzare l’umano” quando citi Gabriela Mistral.
Enrique: Animalizzare anche l’umano…certo. Gabriela Mistral diceva che bisogna “umanizzare l’umano”, l’umanità è un qualcosa che bisogna umanizzare. E forse bisogna animalizzare l’umano anche. Perché in questa ricerca dell’umanizzazione ci stiamo anche separando da quel linguaggio comune…

Andrea: Si parla di superare l’antropocene. Qualcosa di collegato col superamento del patriarcato. Sono slogan, ma io vedo un collegamento…

Enrique: Mi piace molto la storia di questo ponte, di quando Humboldt viene in America e va in Amazzonia. Mi piace pensare che forse Humboldt ha preso l’ayahuasca. Non l’ha scritto ma ebbe un’esperienza che oggi si chiama psichedelica. Usiamo questa parola oggi, non so se si usava a quei tempi… Era un’esperienza rituale. Humboldt si consegnò ad un rituale di qualche tribù che trovò in Amazzonia? Io non lo so, mi piace credere di si. E che in quel contesto ha avuto una visione di ciò che stava avvenendo. In effetti ha predetto l’esito della globalizzazione, in quell’epoca già molto aggressiva, che avrebbe distrutto tutto, e che tutti quei linguaggi, quelle forme di vita, sarebbero state annichilite, per il “progresso umano”.

Andrea: Quindi una nuova visione ed una nuova epistemologia della conoscenza.
Enrique: Certo. Immaginati una grande massa inarrestabile di desideri ed ambizioni, che inizia ad annichilire e prendere e trascinare tutto ciò che c’è intorno per alimentarsi, e partendo da questo, genera un ciclo inarrestabile di distruzione continua, che è quello in cui ci troviamo oggi. Quindi non vedo la psichedelia come una forma di intrattenimento, o di una possibilità di scollegarti dalla realtà, ma tutto il contrario, di collegarti ancora di più. In quel senso credo alla possibilità di una connessione reale, e per questo considero la musica di Uwe un canale, un canale che ti aiuta a collegarti con quell’organica essenziale. Abbassare le difese della ragione, abbassare le difese dell’intelletto, e partendo da lì generare quel punto di connessione che è assoluto.
Atom: C’è un aneddoto che mi piace molto: un ucraino dice ad un’altra persona, noi ucraini prendiamo la vodka per goderci la vita, i russi prendono la vodka per dimenticarsi della vita. Con le droghe, direi, sfortunatamente è lo stesso. Tu puoi
usare droghe psichedeliche per entrambe le cose. Puoi perfettamente voler dimenticare le cose, ed entrare in una zona di fantasia…

Andrea: Ti sembra che i giovani cileni prendano sul serio l’esperienza psichedelica o è molto ricreativo l’uso?
Atom: Esistono entrambe le cose e in una maniera molto avanzata. Molto di più che 20 o 30 anni fa. Conosco storie, aneddoti di gente che nelle feste si droga con tutto allo stesso tempo. Multi-tossico, ad un livello preoccupante, mi chiama l’attenzione che esista in generale, è un qualcosa quasi popolare oggi, vai ad una festa tecno per fare questo. Allo stesso tempo esiste anche una scena più cosciente dell’altra parte, della ricerca, che ha molto più a che vedere con la connessione, l’indagine, l’analisi, con un approccio culturale più raffinato rispetto a 30 anni fa. Quando tutto era molto più proibito, sconosciuto, pre-internet, molto più difficile da trovarsi. Quindi credo che sia cambiato il mondo della psichedelia in questo senso, in entrambe le direzioni. Per cui la musica elettronica si trova in questa strana situazione in cui è vincolata con l’uso volgare… L’abuso di droghe, prendere qualsiasi cosa, la distorsione, e si, è così, ma non è stato il nucleo dell’inizio della musica elettronica. Trovo molto affascinante vedere questi due poli…

Andrea: È possibile che si incrocino ogni tanto…, a volte la “serietà” diventa “ricreativa”, quando diventa ripetizione e cliché, e a volte il “ricreativo” diventa “serio”, perché è un campo dove non tutto è predicibile.