Etnobotanica 14: Mandragora, magia e farmacologia

MandragoraMITO E STORIA

Il nome Mandragora deriva dal greco antico μανδραγόρας forse derivato dal persiano merdum gija, “pianta umana”, in riferimento alla forma antropomorfa. È una della più antiche e famose “piante magiche” del mondo, e nei miti delle varie culture svolge un ruolo ambivalente tra il benefico e il malefico.

Le illustrazioni dei fiori di loto (Nymphea sp.) ritrovate negli affreschi e nei papiri delle tombe in Egitto spesso comprendono anche immagini di mandragola, per esempio la tomba di Tutankhamon era raffigurato un faraone con due mandragore e una Nymphea in mano [1].
Il botanico e biologo americano William Emboden ha ipotizzato che che fossero utilizzati per indurre una trance sciamanica e nei rituali di cura [2].

Nel Medioevo si pensava che la morte stessa piantasse questa pianta e che prosperasse vicino alle forche dei supplizi dove si nutriva di sangue e dolore. Documenti dell’epoca riportano che nascesse dall’urina di un uomo ingiustamente impiccato per furto. Si credeva che portasse fortuna e prosperità ma potesse anche indurre alla follia se maneggiata in maniera impropria: veniva venduta come un amuleto molto prezioso ma era anche associata alla stregoneria e alle disgrazie [3].

Presso gli Anglosassoni aveva poteri magici contro le presenze demoniache e il suo odore le ripugnava, anche Apuleio nel suo Herbarium parla della possibilità di usarla negli esorcismi.

Il primo a menzionare una cerimonia d’estrazione specifica per questa pianta fu Teofrasto nella sua Historia plantarum: bisognava fare tre cerchi con una spada intorno alla mandragola, quindi si doveva scavare rivolti verso l’Ovest. Un altra persona nel frattempo doveva danzare in circolo e pronunciare delle formule afrodisiache.

Plinio raccomanda invece di evitare il vento in faccia durante l’operazione. Nel manoscritto di Anicia Iuliana c’è una miniatura di Heuresis, la personificazione della scoperta, che offre a Dioscoride una Mandragora tenendo un cane al guinzaglio. Quest’elemento animale proviene dai miti su altre piante magiche come il baaras di Flavius Josephus o l’aglaophotis di Claudius Aelianus e si è evoluto nella complessa procedura d’estrazione medievale.

In base a quest’ultima, i raccoglitori dovevano agire il giorno di Venere prima dell’alba dopo essersi tappati le orecchie con cotone e cera ponendosi controvento. Iniziavano facendo 3 cerchi con un tripode intorno alla pianta e marchiandola con una croce, poi la scavavano fino a lasciare soltanto una piccola appendice ad ancorarla al terreno. Infine legavano la radice ad un cane che la liberava sacrificandosi all’urlo letale della mandragola [4].

Le streghe preparavano il famoso “fliying ointment”, un unguento magico fatto con il grasso di un bambino (chiaramente questo dettaglio viene dall’immaginario della stregoneria, usavano molto probabilmente strutto o qualche altro grasso animale comune all’epoca), oppio, cannabis, aconito, cicuta, varie Solanaceae tra cui la mandragola ed altri ingredienti meno farmacologicamente importanti come ossa, serpenti e rettili velenosi, etc. Lo applicavano internamente nelle mucose (anale e vaginale) mediante una bacchetta, da qui è nato il mito delle streghe a cavallo di scope volanti [5].

Oltre alle proprietà chimiche anche la forma stessa della pianta ha contribuito a plasmarne il mito. Nel Medioevo si distinguevano due varietà: la maschio, Mandragora officinarum, e la femmina, Mandragora autumnalis, e si credeva che le radici avessero caratteristiche sessuali umane. Venivano disegnate come figure maschili barbute o come fanciulle con un cespuglio al posto dei capelli.

Trova posto anche tra gli ingredienti alchemici. John Parkinson, farmacista del re inglese Giovanni I, affermò che la radice della pianta fatta bollire per sei ore rendesse l’avorio malleabile come plastilina.

È stata usata da Annibale per avvelenare i nemici nella battaglia di Cartagine del 200 a.C., da Hua Tuo, il leggendario medico cinese che visse durante la fine della dinastia Han, per estrarre una frecca dal generale Guan Yu. dalla chiesa nell’inquisizione di Giovanna D’Arco nel 1431 d.C.
La radice viene impiegata da Circe per ammaliare i compagni di Ulisse nell’Odissea di Omero, nella famosa tragedia storica di di William Shakespeare Cleopatra chiede della mandragola così da non sentire la mancanza di Antonio mentre è via. Viene menzionata anche in Romeo e Giulietta, il XIV libro della Genesi, la Mandragora di Machiavelli, Aspettando Godot di Beckett e recentemente nella Camera dei Segreti di Harry Potter.

Fino al al tardo XVI secolo veniva venduta nei bazaar in Europa ed Asia come una droga molto preziosa. Ancora oggi nel Vicino Oriente viene impiegata per trovare tesori nascosti sottoterra e curare le malattie assorbendole dall’infermo [6].

Mandragora MEDICINA TRADIZIONALE

Le proprietà della Mandragora erano note già ai medici Assiri dell’antica Mesopotamia che la impiegavano per trattare ferite ai piedi, mal di denti, emorroidi, contratture muscolari, facilitare il parto, stimolare il vomito, allontanare i serpenti [7].

Si credeva che la misteriosa sostanza medicinale e magica che viene menzionata come didi negli antichi testi Egiziani tra cui il famoso papiro di Ebers fosse la mandragola, ma le ipotesi più recenti puntano ad un qualche tipo di minerale [8]. Le pianta veniva comunque utilizzata dagli Egiziani a scopo medicinale e rituale: le foglie venivano applicate esternamente sui tumori della pelle, l’aroma dei frutti aveva proprietà narcotiche ed afrodisiache.

Il papiro magico demotico di Londra e Leid risaltente al III secolo a.C. riporta un preparato a base di liquirizia, edera, giusquiamo e mandragola in grado di narcotizzare un soggetto fino a 2 giorni. Un altra formula comprende semi di mela, mandragola ed edera [9].

Gli antichi Greci e i Romani la consideravano un potente anesteico e narcotico: il succo della corteccia di radice fresca veniva estratto e condensato al sole per essere conservato in appositi recipienti di creta. Bollivano le radici nel vino fino ad 1/3 del liquido di partenza facendolo addensare oppure maceravano la corteccia essiccata per 3 mesi.

Ippocrate la raccomandava come sedativo e anticonvulsivane, applicata ai tendini come poltiglia calda allevia le contratture muscolari. La radice fresca veniva tagliata e bollita nel vino diluito, quindi applicata nel retto come antinfiammatorio. Affermava inoltre che fosse efficace contro la febbre quartana [10].

Plinio scrive nella sua Historia Naturalis che la Mandragora venisse data contro i morsi di serpente e prima della chirurgia per ridurre il dolore, per alcuni soggetti basterebbe già l’aroma per perdere i sensi. La radice pestata con l’olio di rose e il vino guariva dissenterie ed algie oculari, le foglie mescolate con la farina d’orzo ripulivano completamente il corpo dalle sporco e da segni estranei. Riporta anche che gli orsi leccassero le formiche dopo aver ingerito il frutto della Solanacea [11].

Teofrasto nella sua Historia plantarum scrive che dalle foglie di mandragora mischiate con l’orzo si ottiene una poltiglia che facilita la guarigione delle ferite. La radice macerata nell’aceto viene indicata contro l’erisipela (un’infezione acuta della pelle causata da batteri piogeni), la gotta l’infonnia e le pene d’amore [12].

Nella Materia Medica di Dioscoride vengono riportate per la prima volta anche informazioni sui frutti, il cui aroma era considerato soporifero. Le foglie vengono raccomandate contro ascessi, foruncoli, gonfiori, ulcere, duroni, tumori, dolori articolari, infezioni ed infiammazioni della pelle. Le radici venivano bollite nel vino fino ad 1/3 del liquido di partenza facendolo addensare oppure macerate per 3 mesi, il succo della corteccia di radice fresca veniva estratto e condensato al sole per essere conservato in appositi recipienti di creta.

Oralmente la prescriveva come anestetico, sonnifero, afrodisiaco, emetico. Veniva anche impiegata come clistere per provocare l’aborto ed indurre le mestruazioni. I semi vengono utilizzati per ripulire l’utero e per fermare emoraggie vaginali [13].

Una preparazione molto comune nella Roma antica era la spongia somnifera, ovvero una spugna marina intrisa con l’estratto fresco di diverse piante psicotrope raccolte durante la stagione estiva come Solanum nigrum, Hyoscyamus niger, Cicuta minor, Datura stramonium, Lactuca virosa, Atropa belladonna, Hedera helix, Lolium temulentum, Mandragora e qualche goccia d’oppio. Veniva quindi fatta asciugare al sole e il procedimento ripetuto fino a 3 volte per incrementarne la potenza [14].

Nella medicina tradizionale Persiana la radice è nota come “Yaberoh al-Sanam”, l’unione simmetrica di un uomo e una donna, ed impiegata come tonico e narcotico. Il decotto agisce come sostituto dell’oppio trattando insonnia e disturbi del sonno, una sospensione acquosa viene indicata per epilessia e psicosi. Il succo della radice fresca viene bevuto come ipnotico ed intossicante, l’odore induce letargia ed incoscienza.

Localmente si applica contro mal di denti, emorragie, gotta e dolori articolari. Con paste ed estratti trattano dolori articolari e vene varicose. Una poltiglia a base di foglie fresche viene usata contro oftalmia ed irritazioni agli occhi, il lattice in caso di dolore. Una mistura a base di aceto, zucchero e succo di radice viene considerata utile contro l’asfissia. Viene combinata con la resina di Commiphora per le emorroidi, con la cicoria per la disuria, con miele ed olio d’oliva per i morsi di serpente. Viene data da mangiare con il pane o la zuppa ai pazienti prima della chirurgia locale.

L’avvelenamento causato dalla mandragola viene curato con olio e miele. Anche il frutto, loffāh, viene consumato da più di 3000 anni come anestetico [6].

Avicenna, il famoso medico Persiano, scriveva che la radice in polvere mischiata all’aceto curasse i disturbi febbrili acuti caratterizzati da pustole alla mucose e sulla pelle. La poltiglia ottenuta mischiandola con farina di grano o d’orzo era efficace nel trattamento di artriti ed elefantiasi Le foglie fresche le indicava invece per rimuovere lentiggini e macchie della pelle [15].

Nella Vecchio Testamento la mandragola è simbolo di fecondità ed è in grado di rimuovere la sterilità, viene chiamata dūdāʾīm,  letteralmente “che produce amore”. I frutti venivano consumati già in tempi biblici come afrodisiaci e promotori della fertilità [16].

Lo studioso del XIII secolo Bartolomeo Anglico ne lodò le proprietà anestetiche e sedative.
Teodorico de’ Borgognoni, famoso vescovo e medico della scuola Salernitana, riprese il concetto della spugna e aggiunse succo di edera rampicante, coconidio (il frutto di Daphne laureola), lapazio, more silvestri ed acerbe. Inoltre istruì i pazienti affinche aspirassero gli affluvi e non si limitassero a suzionarla.

In Europa è stata prescritta fino al XIX secolo per il trattamento di follia, nervosismo, insonnia, isteria, ninfomania, psicosi, melancolia, depressione, ansia, perdita della libido, disturbi mentali, dolore cronico, disturbi neurodegenerativi, tremori, disturbi gastrici, spasmi muscolari, convulsioni, paralisi e linfomi. Tagliata a pezzi veniva messa a macerare nel brandy per preparare un rimedio antireumatico, le foglie venivano bolliti nel latte per preparare degli unguenti lenitivi. E’ stata impiegata come anestetico fino all’avvento di etere e cloroformio nel 1846, da allora è stata aggiunta in preanestesia come profilattico per prevenire l’arresto cardiaco e l’ipersalivazione mediata dalla stimolazione vagale dei nuovi farmaci [6].

Ancora oggi la radice viene considerata un efficace afrodisiaco in Turchia, Armenia, Iraq, Libano, Marocco e Spagna. Fino al XIX secolo era popolare anche in Inghilterra. In Turchia e Nord Africa viene ancora impiegata internamente per trattare inappetenza, emorroidi, disturbi ginecologici ed esternamente come antinfiammatorio ed antispasmodico. In Giordania le foglie vengono usate per curare i disturbi respiratori come tosse, asma e bronchite, in Marocco contro i reumastismi e come anestetico.

A Cipro il decotto di radice viene usato per trattare disturbi respiratori e della pelle, le radici fresche vengono date al bestiame per renderlo più prolifero. I locali consumano una bevanda calda a base di fogliame come sedativo per la tosse.

L’impiego del fogliame di Mandragora autumnalis sotto forma di cataplasma per trattare brufoli, verruche e ferite è stato riportato nella zona dei Monti Sicani in Sicilia fino al 2014 [17].

MandragoraFITOCOMPLESSO

Alcaloidi: atropina (D-iosciamina +L-iosciamina), scopolamina, anisodamina, noriosciamina, scopina, cuscoigrina, apoatropina, tigloidina, belladonnine, calistegine, esteri idrossitropanici;

flavonoidi: campferolo, luteolina, miricetina, tassifolina;

cumarine: scopoletina, scopolina, erniarina, umbelliferone, angelicina, acido clorogenico;

acidi organici: acido tropico, acetico, cinnamico;

steroli: sitosterolo;

composti volatili: eugenolo, isoeugenolo, pentadecano, esadecano, eicosano, docosano, esacosano, ottacosano, esatriancontano, squalene, neofitadiene e derivati;

acidi grassi: acido oleico, α-linoleico, linoleico, palmitico, mirisico, laurico, cinnamico.

Diversamente dalla Mandragora officinarum e turcomanica, il gene MaH6H della M. autumnalis codifica l’enzima iosciamina 6-β-idrossilasi (H6H) che converte la iosciamina in anisodamina e scopolamina. Per questo motivo questa specie ha un contenuto di iosciamina circa 10 volte inferiore alle altre che però mancano dei due alcaloidi derivati [18]. Le concentrazioni di alcaloidi più alte si ritrovano nella radice durante il periodo di fioritura ed aumentano con la maturità della pianta.

 

Mandragora FARMACOLOGIA

Anticolinergico, delirogeno
Nel 1988 il medico Britannico Sir Benjamin Ward Richardson iniziò una serie di esperimenti sulla mandragola usando dapprima cavie animali e poi testandola sotto forma di infuso anche su se stesso. Riportò che ai bassi dosaggi induceva intorpidimento della lingua, bocca secca, visione offuscata, irrequietezza ed ipersensibilità ai suoni [19].

Atropina (ovvero la mistura racemica di L-iosciamina and D-iosciamina), scopolamina e derivati presenti in tutte le parti dello mandragola e soprattutto nella radice (ma non nella polpa dei semi) inibiscono competitivamente il legame dell’acetilcolina con i recettori muscarinici nella giunzione neuroeffettrice postganglionica con conseguenti effetti su sistema nervoso centrale e periferico.
L’onset dei sintomi dell’intossicazione, nota come sindrome anticolinergica, è molto variabile in caso di assunzione orale e dipende molto dalla biodisponibilità del preparato specifico e dalla fisiologia dell’assuntore.

In base ad un antica dicitura il paziente viene descritto “rosso come una rapa, secco come un osso, cieco come un pipistrello, pazzo come un cappellaio, caldo come una lepre e pieno come un fiasco” riferendosi rispettivamente ad arrossamento, anidrosi, secchezza alla mucose, midriasi, stato mentale alterato, febbre e ritenzione urinaria. Il delirio è caratterizzato in primo luogo dall’incapacità di concentrarsi, elaborare informazioni e ricordare eventi anche appena trascorsi. Sono comuni cambiamenti repentini nella personalità e nell’umore del soggetto, delusione ed atteggiamenti paranoici, nei casi severi può anche dimenticarsi chi è o dove si trova.

La confusione che deriva da questo stato può provocare rabbia ed aggressività e/o paradossalmente sonnolenza ed introversione. Col progredire dell’intossicazione i pazienti possono diventare progressivamente sempre più sedati fino a raggiungere lo stupor, uno stato in cui la mancanza della funzione cognitiva critica si aggiunge ad un livello di coscienza isufficiente per rispondere agli stimoli basilari. Nei casi molto gravi possono anche sopraggiungere convulsioni, depressione cardio-respiratoria, coma e morte, ma la maggior parte delle fatalità sono dovute ai danni secondari comuni durante l’esperienza delirogena.

Le allucinazioni sono molto diverse dalle visioni e le alterazioni visive indotte dagli psichedelici, hanno un carattere solitamente terrifico e l’intossicato non riesce a distinguerle dalla realtà. E’ comune vedere persone ed oggetti che non esistono e quindi scompaiono dopo una breve interazione (eg. le famose sigarette invisibili nei fumatori o i discorsi con vecchi amici e parenti anche morti). Il soggetto ha difficoltà ad esprimersi e solitamente sproloquia da solo o contro figure immaginarie con voce rauca per la secchezza estrema alla bocca, suoni e luci intense risultano molto fastidiosi.

A livello centrale l’atropina ha solo 1/7 della potenza della scopolamina e 1/2 di quella della L-iosciamina. Ciò è dovuto alla maggiore liposolubilità della scopolamina,  alla diversa distribuzione nel microambiente cerebrale, al coinvolgimento della pompa di efflusso della glicoproteina-P [20], oltre che all’affinità specifica per i recettori muscarinici. L’atropina mostra valori simili per tutti i recettori muscarinici (M1, M2, M3, M4, M5) mentre la scopolamina ha un’affinità per M2 più bassa rispetto agli altri. Questo recettore è localizzato nel cuore e spiega perchè l’atropina ha effetti cardiovascolari più marcati. E’ invece particolarmente attiva sull’M1 che media i sintomi neurologici dell’intossicazione tra cui disturbi cognitivi, stordimento, sedazione e delirio. Entrambi gli alcaloidi sono circa 10 volte più affini ai siti di legame postsinaptici rispetto ai presinaptici [21].

A bassi dosaggi l’atropina non ha effetti centrali apprezzabili come la scopolamina, ma può stimolare i centri superiori e la medulla influenzando i parametri cardiorespiratori  ed in misura minore il tono vagale.  A dosi psicoattive (non più utilizzati in medicina), ha un effetto depressivo sul CNS che però può essere interroto da sintomi paradossali di stimolazione. Da esperimenti sui volontari sani emerge che sia psicoattiva alla dose di 2mg (per un soggetto di circa 70kg) per via intramuscolare: gli effetti riportati sono stati più che altro sedativi, in alcuni individui anche una certa euforia ma comunque di grado inferiore rispetto alle comuni sostanze d’abuso [22].

La curva dei dosaggi è la seguente anche se bisogna tenere in conto che la sensibilità varia molto da soggetto a soggetto: 0.5 mg –  secchezza alle mucose, leggera bradicardia; 1mg – secchezza intensa, sete, transizione da bradicardia a tachicardia, leggera midriasi; 2mg – secchezza estrema, tachicardia, palpitazioni, midriasi, ipersensibilità alla luce, vista leggermente offuscata; 5mg –  sintomi generali più severi, disturbi del linguaggio, mal di testa, ipertermia, irrequietezza, perdita del tono e della coordinazione muscolare, debolezza, depressione cardio-respiratoria, difficoltà nela deglutizione e nella minzione; 10mg – aritmia cardiaca, apnea respiratoria, allucinazioni, delirio, convulsioni, coma [23].

La scopolamina induce effetti sedativi già ai bassi dosaggi, con quelli molto alti sono comuni reazioni paradossali come irrequietezza e nervosismo. I dosaggi della scopolamina sono meno noti, 50 mg possono essere fatali ma c’è anche chi è sopravvissuto a 100 mg per via orale. I primi effetti psicotropi si avvertono sopra i 0.45mg, mentre dai 2 ai 4mg sono comuni allucinazioni,confusione ed irrequietezza [24]. Diversamente dall’atropina, induce un aumento dose dipendente nelle potenza delle onde lente teta ed una diminuzione delle onde veloci beta che determinano i suoi specifici effetti amnesici e sulle capacità cognitive [20].

Per molto tempo si è creduto erroneamente che parte della tossicità venisse perduta con la somministrazione esterna mediante unguenti data la maggiore liposolubilità della scopolamina, tuttavia anche questa ROA è molto pericolosa per l’imprevedibilità degli effetti e la difficoltà nel calcolo della dose.

Fumare la Mandragora essiccata o una qualunque Solanacea tropanica non è affatto efficiente e difficilmente induce effetti centrali evidenti (men che meno delirogeni), ma il potenziale allucinogeno di farmaci e composti puri è stata confermato in diverse occasioni [25].
I casi di overdose con l’assunzione orale sono molti per via dell’alta varianza che intercorre fra i profili degli alcaloidi specifici di ciascuna pianta, oltre che per la tolleranza personale e il rischio di tossicità cumulativa con l’uso cronico.

Serotoninergico
Scopolamina ed atropina, oltre all’azione muscarinica, agiscono come antagonisti competitivi e reversibili del recettore 5-HT3 della serotonina [26].
In una ricerca del 2022 la soministrazione a lungo termine di scopolamina ha ridotto i livelli di serotonina dei ratti [27].

Stimolante, sedativo
Si dice superficialmente che l’atropina è stimolante e la scopolamina sedante, ma sono stati compresenti nella sindrome anticolinergica in generale. Ciò è dovuto alla specifica funzione inibitoria o stimolatoria dei diversi recettori muscarinici coinvolti in tutto il corpo.

L’atropina potenzia i sedativi con le basse dosi, con quelle alte i convulsivanti [28]. L’iniezione intraventricolare di 1mg ha spinto i cani ad abbaiare continuamente i primi 5 min, quindi sono diventati depressi ed insensibili al rumore per circa 1 ora. Infine sono ritornati ad abbaiare e correre come se volessero scappare da qualcosa (si ipotizza dalle allucinazioni) per ritornare baseline in 4 ore [29].

La scopolamina causa prevalentemente sedazione ma nel caso di intossicazione grave entrambi gli alcaloidi possono indurre stimolazione del CNS alternata ai classici effetti depressivi [30]. Ciò può succedere anche quando viene assunta cronicamente: in una ricerca del 2022 la soministrazione a lungo termine ha incrementato notevolmente l’attività locomotoria dei ratti [31].

Sonnifero, oneirogeno
Tra il 1963 e il 1964 sono stati condotti una serie di esperimenti dal Dr. J.R. Raeside del Royal London Hospital sui suoi studenti utilizzando un decotto al 10% di Mandragora autumnalis raccolta in Sicilia (erroneamente identificata come M. officinarum nella pubblicazione), i partecipanti riportarono che il riposo notturno era disturbato da incubi e sogni vividi che ne pregiudicavano la qualità [32].

Il sistema muscarinico controlla il timing ma non la durata del sonno REM [33].
L’atropina ad alte dosi evoca il pattern elettrofisiologico del primo stadio del sonno facilitando l’addormentamento. Durante il riposo riduce la l’eccitabilità del sistema reticolare attivatore ascendente [34]. In un esperimento su modelli animali ha ridotto il sonno REM contrastando l’attivazione dei neuroni colinergici indotta dallo stress [35].
La scopolamina ha inibito il sonno REM e prolungatone la latenza in pazienti depressi e controlli sani, tuttavia è risultato comune il fenomeno di rebound una volta terminata l’assunzione [36].

In una ricerca sulla depressione adolescenziale invece ha incrementato i parametri di riferimento del sonno REM fasico riducendo il sonno ad onde lente [37]. Gli effetti paradossali dipendono dal momento dell’assunzione, in caso di somministrazione notturna prolunga la latenza del sonno REM, nel caso di quella diurna la riduce interferendo negativamente con la qualità complessiva del sonno [36]. Con l’uso continuato può indurre supersensibilità muscarinica una condizione che ricalca i disturbi del sonno della depressione primaria [39].

Antidepressivo, ansiolitico
In uno studio a doppio cieco placebo-controllato condotto su pazienti affetti da depressione maggiore e disturbo bipolare l’infusione intravenosa di scopolamina (4 μg/kg) ha evocato un rapido effetto antidepressivo acuto [40], particolarmente efficace sulle donne [41]. Ulteriori evidenze promettenti sono state ottenute su soggetti anziani ed altre popolazioni, si prevede che l’85% dei pazienti risponda bene al trattamento in soli tre giorni dalla prima assunzione [42].

Un farmaco orale a base di atenolo e scopolamina ha ridotto l’ansia di otto pazienti psichiatrici già a 15-60m dalla somministrazione mantenendo l’efficacia fino ad 8 ore. Sono stati registrati soltanto effetti collaterali minori come sonnolenza e bocca secca [43]. Nei modelli animali ha mostrato un effetto ansiolitico dose dipendente e bifasico [44].
Antagonizza gli interneuroni inibitori nella corteccia prefrontale provocando la disinibizione dei neuroni piramidali e l’incremento del glutammato extracellulare in maniera simile alla ketamina sebbene agiscano su diversi recettori [45].

L’azione prevede il rilascio di fattore neurotrofico cerebrale (BDNF), oltre a necessitare dall’attivazione di recettore per l’acido α-ammino-3-idrossi-5-metil-4-isossazol-propionico (AMPA), complesso mTORC1 e canali del calcio voltaggio dipendenti [46].

La ioscina ha potenziato le proprietà sedative ed ansiolitiche del pretrattamento con lorazepam in un campione da 150 pazienti che si dovevano sottoporre ad anestesia [47].

Antiadditivo
Nella medicina Persiana il frutto e la radice di Mandragora veniva prescritto per sostituire gradualmente l’oppio in caso di dipendenza [48].
L’atropina è stata testata nel controllo della compulsione da oppiacei: alti dosaggi (150-260 mg) per via intramuscolare facevano perdere coscienza al paziente, che veniva poi risvegliato con la fisiostigmina e rimesso in coma fino a 8 volte. Gli stessi pazienti poi chiedevano un richiamo ogni mese lodando l’efficacia del trattamento [49]. In altri casi ha trattato efficacemente insonnia e disturbi gastrointestinali dovuti alle remissione dal trattamento antidepressivo [50].

La combinazione di scopolamina e clorpromazina ha soppresso i sintomi d’astinenza da eroina in maniera simile al metadone. La percentuale di pazienti che ha riportato craving, ansia e depressione come causa di recidiva nel gruppo della scopolamina è risultata significativamente infiore rispetto al convenzionale [51]. Tuttavia la stessa scopolamina può indurre dipedenza e nei casi gravi richiede anche l’ospedalizzazione [52].

Analgesico
Continuando la tradizione di combinare oppio e Madragora risalente al III secolo a.C, nel 1900 la scopolamina veniva abbinata alla morfina per indurre il dämmerschlaf (“sonno del crepuscolo”), uno stato semi-narcotico usato per alleviare il dolore del parto e cancellarne il ricordo. Una pratica poi abbandonata per i danni psicologici sulla partoriente e la depressione del sistema nervoso del neonato. Sebbene atropina e scopolamina vengano utilizzate ancora oggi in preanestesia come farmaci di supporto, non possono essere considerati delle droghe anestetiche efficaci da sole.

Nei modelli animali la scopolamina ha potenziato gli effetti antinocicettivi di D-ala-D-leu-encefalina e morfina senza influenzare quella da beta-endorfina. Ciò suggerisce che l’analgesia da oppioidi venga modulata dai cambiamenti nell’affinità e nel numero dei recettori oppioidi nel cervello indotti dalla trasmissione colinergica [53].

In base ad esperimenti su ratti e topi si è visto che basse dosi di atropina (1-100 µg/kg) inducono effetti antalgici, quelle alte (5mg/kg) iperalgesizzanti. A concentrazioni molto leggere infatti ha un’azione colinomimetica indiretta per via dell’antagonismo sugli autorecettori muscarinici presinaptici, con quelle più elevate provoca il blocco dei recettori muscarinici postsinaptici che previene gli effetti antinocicettivi dell’acetilcolina [54].

La combinazione di ketamina ed atropina è risultata efficace nel ridurre il dolore durante l’intubazione tracheale dei neonati [55].

Antinfiammatorio
Il trattamento con atropina ha migliorato la sopravvivenza dei ratti allo shock endotossico riducendo i livelli di TNF-α [56]. In un altra ricerca ha ridotto l’infiltrazione cellulare dell’edema polmonare provocato dal veleno dello scorpione Androctonus australis [57].

Neuroprotettivo
Nei topi con status epilepticus (SE) severo da soman la combinazione di atropina solfato e ketamina ha dimostrato importanti effetti neuroprotettivi sopprimendo completamente l’infiltrazione dei granulociti neutrofili e parzialmente l’attivazione gliale. Inoltre ha ridotto l’aumento dei livelli di mRNA e le relative proteine proinfiammatorie indotto dall’avvelenamento [58].

Anticonvulsivante, miorilassante
Entrambi i composti agiscono come anticonvulsivanti a basso dosaggio, ma la scopolamina è più efficace [20]. Possono rilassare la muscolatura liscia del tratto gastrointestinale, biliare ed urinario, alla alte dosi può anche bloccare gangli e giunzione neuromuscolare [59].

Nel 1927 quest’alcaloide veniva impiegato nel trattamento degli spasmi dei muscoli facciale ed altri disturbi ipertensivi, tuttavia la sostanza poneva il paziente in uno stato letargico continuo.

Antiasmatico
L’atropina e la scopolamina di cui è ricca la pianta bloccano i recettori muscarinici, in particolar modo gli M2, nelle cellule dei muscoli lisci respiratori e delle ghiandole sottomucose causando la dilatazione delle vie aeree e contrastando gli attacchi dell’asma.

Uno studio del ’59 condotto su 23 pazienti asmatici supporta l’efficacia dell’atropina (1.45 mg) per via inalatoria fumata sotto forma di sigaretta nell’incrementare la capacità vitale e facilitare la respirazione. Non sono stati notati effetti collaterali se escludiamo un soggetto che riportò un po’ di secchezza, gli effetti con questa R.O.A. sono soltanto periferici [60]. In un altra pubblicazione ha influenzato lo scambio termico respiratorio e la profondità dell’inspirazione incondizionata [61].

In una ricerca più recente 7 pazienti affetti da disturbi polmonari hanno tratto giovamento dalla scopolamina per via locale utilizzandola una volta ogni tre giorni senza incorrere in nessun collaterale [62].

Antitumorale
Estratti a base di fogliame di Mandragora autumnalis hanno mostrato effetti antitumorali sulle cellule del cancro al seno MCF e bassa tossicità per quelle sane VERO negli esperimenti in vitro e in vivo. L’azione sembra mediata dalle sottoregolazione dell’espressione del fattore di crescita dell’endotelio vascolare (VEGF) [63].

I recettori muscarinici sono espressi su diversi tipi di tumori tra cui polmoni e colon, gli antagonisti come atropina e scopolamina ne inibiscono la proliferazione evidenziando il ruolo dell’acetilcolina come fattore di crescita [64].

Da alcune simulazioni in silicio del 2022 sembrerebbe che l’atropina riduca efficacemente il processo di transizione epiteliale-mesenchimale e la formazione delle colonie nelle cellule del cancro al seno [65].

Antidiabetico
Estatti acetonici a base di bacche di Mandragora autumnalis sono potenti inibitori dell’α-glucosidasi, un enzima deputato all’indrolisi del maltosio che è un importante target per la riduzione deli livelli di glucosio nel sangue. Quelli di foglie invece sono attivi sull’α-amilasi, un altro enzima coinvolto nel controllo della glicemia postprandiale [66].

In un altra ricerca hanno incrementato notevolmente la traslocazione del trasportatore GLUT4 nella membrana plasmatica delle cellule del muscolo scheletrico facilitando l’eliminazione del glucosio indotta da una dieta ad alto contenuto di grassi [67].

Ipolipidico
Un estratto a base di bacche mature di Mandragora autumnalis ha inibito marcatamente la lipasi pancreatica dei suoni dimostrando un certo potenziale nel trattamento dell’obesità [66].

Antiossidante, depigmentante
Estratti a base di foglia, radice e frutto di Mandragora autumnalis hanno mostrato significative proprietà antiossidanti nel test del perossido d’idrogeno che si ipotizza siano dovute al contenuto di composti fenolici e flavonoidi [68].

In base a un recente studio comparativo, sono gli estratti metanolici di fiori i più potenti a questo riguardo ed hanno un alto contento di acido α-linolenico. Gli estratti acetonici di foglie e frutti di hanno inibito anche la tirosinasi, l’enzima chiave della biosintesi della melanina [66].

Antivirale
Aggiunta 8 min post-infezione l’atropina ha inibito la crescita del virus di influenza, Herpes simplex e polio [69]. In uno studio randomizzato a doppio cieco la somministrazione per via intranasale ha ridotto la produzione di muco dovuta all’infezione da Rhinovirus [70].

Il pre-trattamento con scopolamina ha soppresso la carica virale dell’encefalite virale inducendo la sovraregolazione di diversi recettori di classe Toll (TLR3, TLR7, TLR8), interleuchine (IL-4 e IL-10), inteferoni e relativi fattori di regolazione [71].

Antibatterico
Estratti a base di foglie di Mandragora autumnalis sono risultati attivi su Escherichia coli e Staphylococcus aureus [72]. Quelli etanolici preparati col frutto hanno inibito anche la crescita di Pseudomonas aeruginosa [73]Propionibacterium acnes, Proteus vulgaris e Klebsiella pneumoniae [74]. In altri lavori la radice ha contrastato gli stessi ceppi batterici [68].

Antimicotico
Un estratto a base di bacche mature di Mandragora autumnalis ha inibito la crescita di Candida albicans ed Epidermophyton floccosum con valori MIC rispettivamente di 6.25 ± 0.48 e 12.5 ± 0.88 µg/mL [66].

Mandragora

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N.B.: LA MANDRAGORA E’ UNA PIANTA TOSSICA! QUESTE INFORMAZIONI VENGONO FORNITE UNICAMENTE A SCOPO EDUCATIVO E NON VOGLIONO INCORAGGIARE IL  SUO CONSUMO NE’ ALTRI COMPORTAMENTI PERICOLOSI.