Anticipazioni dagli Atti degli Stati Generali della Psichedelia in Italia 2019

Queste le brevi anticipazioni di alcuni degli interventi tenuti al SGPI19 (6-7/12/2019, Torino). Gli atti integrali saranno presto disponibili in un’apposita pubblicazione. Prenota subito la tua copia!

* Non solo sostanze. La ricerca ‘psichedelica’ non passa esclusivamente attraverso l’utilizzo di sostanze proibite (Alessandro Novazio)

Il termine psichedelico, come spiega il vocabolario Treccani, sta ad indicare tutto ciò che può rivelare/spiegare la psiche. Nella vulgata invece il vocabolo è pressoché unicamente riferito a quelle sostanze (quasi sempre illegali) che modificano/ampliano la coscienza. All’estero la ricerca si è concentrata sulle classiche sostanze come LSD, psilocibina e ketamina. In Italia la nascente ricerca psichedelica tenta strade innovative con due progetti: CC Project, con al centro un agarico “legale” da sempre riferimento anche per la più classica psichedelia (ma stranamente mai considerato ai fini della ricerca medica), ed ExC, lavoro che tenta di percorrere una via psichedelica altrettanto performante escludendo però totalmente l’utilizzo delle stesse sostanze.

* Il muscimolo, principio attivo dell’Amanita muscaria, come modello farmacologico (Gianluca Toro)

L’Amanita muscaria è una specie di origine eurasiatica diffusa in tutto il mondo. La documentazione etnomicologica relativa a questo fungo è molto vasta e risale a tempi preistorici, raggiungendo la cultura popolare moderna. A essa sarebbero associati rituali molto antichi e una serie di simbologie significative. Il fungo è stato impiegato, e in alcuni casi lo è ancora oggi, a scopo psicoattivo, medicinale, culinario e come insetticida (Samorini 1988, 1989, 1990). Sulla base della documentazione disponibile in letteratura e dei più recenti contributi scientifici, dall’aumento dei livelli di serotonina e dopamina indotti dal muscimolo è possibile ipotizzare una sua azione antidepressiva, da valutare eventualmente anche per gli analoghi. Un primo passo potrebbe essere la raccolta di dati aneddotici circa un effetto di questo tipo tra i consumatori ricreazionali di A. muscaria. L’agarico muscarico presenta alcune analogie con altri funghi attualmente oggetto di ricerca. Partendo da queste considerazioni é partita anche in Italia una ricerca su fungo con caratteristiche psichedeliche per scopi terapeutici.

* Stati di coscienza terapeutici: dove converge la ricerca psicofisiologica sugli psichedelici e sulla meditazione (Andrea Zaccaro)

L’intervento caratterizzerà la fenomenologia e la neurofisiologia di alcuni stati di coscienza osservati dopo l’assunzione di sostanze psichedeliche e dopo l’applicazione di pratiche contemplative, come la meditazione e le tecniche di controllo del respiro. La neurofenomenologia di questi stati alterati di coscienza sarà considerata una base comune da cui condurre la mente umana attraverso differenti livelli di autocoscienza (o coscienza di sé) che, come tramandato da antiche tradizioni orientali e replicato dalle più recenti ricerche neuroscientifiche, potrebbero essere intrinsecamente terapeutici.

* La normativa vigente in Italia e le sostanze ‘illegali’. Alcune contraddizioni (Giuseppe Cazzetta)

Secondo la normativa vigente italiana per quanto riguarda le sostanze illegali valgono i principi di tassatività e di non analogia: chiunque abbia un minimo di competenze botaniche e farmacologiche può trovare succedanei vari per le specie e i composti proibiti. Si trovano sempre nuovi sintetici estremamente pericolosi…eppure in tabella 1 troviamo l’iboga, una pianta dalle infinite applicazioni terapeutiche priva di potenziale d’abuso. Tutto questo è solo il riflesso dell’ignoranza di chi decide per noi cosa va bene e cosa no, di interessi ben più grossi della salute del cittadino.

* Un progetto di ricerca e le prospettive sullo studio neuro/cardio-fenomenologico  dell’esperienza psichedelica (Tiziano Canello):

Introduzione del concetto di cardiofenomenologia. Attraverso tale paradigma, lo studio fisiologico dei cambiamenti dell’attività cardiaca viene affiancato all’intervista fenomenologica con l’intenzione di aderire strettamente al fenomeno seguendo le direttive epistemologiche più recenti sugli studi della coscienza. Tale metodologia – che non richiede eccessive risorse tecniche ed economiche – presenta un futuro interessante nell’applicazione alle Psychedelic Sciences e in generale allo studio della coscienza.

* Studio degli stati non ordinari di coscienza in ambito accademico in Italia: limiti e sfide (Gabriele Penazzi)

In Italia, più che in molti altri Paesi europei, vige ancora in ambito accademico una certa rigidità e diffidenza nell’affrontare in maniera scientifica e intellettualmente scevra da preconcetti il tema dello studio degli stati non ordinari di coscienza. Questo è sicuramente dovuto, almeno in parte, alla natura ambigua e insidiosa della tematica, che solleva una serie di quesiti che i Comitati Etici per la sperimentazione con l’essere umano non possono certamente trascurare. Dall’esigenza di potersi addentrare in questi argomenti con una autentica libertà intellettuale, nasce la Foundations of Mind Summer School.

* L’inesauribile segreto (Gregorio Magini)

Insieme a molti altri colleghi ho riconosciuto in me il desiderio di scrivere di questi temi in maniera a-specialistica, o se vogliamo semplicemente letteraria. Considerando che la psichedelica è un ambito di ricerca ed interesse che è stato ricacciato nei bassifondi della cultura underground e della controcultura per 50 anni, è molto difficile riuscire ad utilizzare un linguaggio, o un piano di comunicazione che sia definibile come “normale”, quotidiano. A volte capita che parlando di certi argomenti rischi di compromettere la tua carriera, di venire incriminato o di generare apprensioni all’interno della tua stessa famiglia, perciò si creano dei contro-linguaggi, dei linguaggi fittizi o degli eufemismi, a tal punto che sembra che parlare di sostanze oggi sia simile a quanto fosse parlare di sesso 50 anni fa.
Questo lo si vede a partire dalle parole stesse: come non esistono per i genitali delle parole completamente neutre (pene suona infatti molto freddo, puramente anatomico; cazzo è invece una locuzione considerata volgare), allo stesso modo per parlare di “droga” è difficile adottare una terminologia neutra, perché potrebbe facilmente richiamare alla repressione e al crimine. D’altro canto, il concetto di “sostanze stupefacenti” è qualcosa di aleatorio, per cui quasi non si sa di cosa si stia parlando.

Questo tentativo di approcciarsi da un “piano terra”, un livello base comune a tutti, viene realizzato da ciascuno in maniera diversa, ed io cercando (?) di farlo nella maniera più base possibile tenterò di fare un glossario dove dissodare un po’ queste parole. Facendo lo scrittore, mi piace fare delle finte-enciclopedie, o dizionari-finti, e quindi ci saranno voci su parole anche di uso comune come “droga”, “illuminazione”, “dipendenza” o “depressione”… insomma niente di particolarmente geniale o inventivo, se non per l’idea di far vedere come queste parole che usiamo, le usiamo in maniera molto problematica, nel senso che in ognuno di questi termini ci stanno delle faglie di non detto enormi, dei tabù e delle prese di posizione che in realtà non possono essere prese pubblicamente semplicemente perché non se ne è mai voluto parlare. Faccio un esempio da un libro sulla musica che fa un’accurata analisi di una canzone dei Pink Floyd, Brain Damage, il penultimo pezzo di The Dark Side of the Moon, e partendo da quello che è il sound o ambientazione sonora che si sviluppa in questa canzone parla del rapporto tra estasi e oralità, cioè il mondo primigenio delle nostre sensazioni, e la follia, tralasciando una cosa importantissima che è il fatto che questa canzone si ispira (chiaramente) a una fase dell’esperienza psichedelica in cui qualcuno (forse un membro della band) ha cercato di chiudersi in casa e si sente entrare dal giardino come se fosse un’altra persona, sviluppando una serie di metafore esistenziali. Purtroppo questo è un esempio in cui l’omettere dall’analisi una parte essenziale come quella dell’esperienza di partenza, vuoi per non potere, non intendere o per non volere (l’autore ha forse 75 anni), inficia la qualità stessa dell’analisi che era comunque molto bella. Nella cultura generale, quando si parla di argomenti anche solo tangenzialmente attinenti all’argomento della psichedelia si creano dei buchi, delle parentesi, dei punti neri.

La Sindrome di Stendhal nell’era della sua riproducibilità tecnica (Federico di Vita)

Negli ultimi decenni si sono perfezionate delle vere e proprie nuove forme d’arte. I festival Psytrance e le ultime frontiere delle arti visive mirano a produrre esperienze immersive in grado di innescare sindromi di Stendhal a ripetizione, giocando su diversi livelli percettivi e configurandosi come compiute tecnologie dell’estasi. A tal riguardo ho scritto un articolo per L’Indiscreto, dal titolo I Festival Psytrance come forma d’arte. La tesi che sostenevo in quel pezzo, e che in questo saggio ho provato ad approfondire, è che tali festival, allestiti d’estate nei più impensati e disabitati recessi naturali d’Europa e del mondo, sprigionano un’impressione estetica che non ha nulla da invidiare alle più elevate espressioni artistiche. Non dico che chi organizza i festival, monta gli stand, le tensostrutture sorrette da cattedrali di tiranti in canna di bambù, i teli colorati con motivi geometrici (non di rado immagini sincretiche e kitsch) che le coprono per decorarle in un tripudio di frattali di notte e fornire un po’ d’ombra di giorno, chi suona la musica, chi impila le casse in modo che emanino potenza, bassi profondissimi e un suono tridimensionale, sia il manipolo di più grandi artisti viventi. Né al contrario intendo sostenere che per ammirare l’arte sia preferibile una condizione di alterazione percettiva; ma che durante questi particolari happening, la cui organizzazione si è raffinata nel corso di decenni e in cui anche dettagli apparentemente insignificanti concorrono all’impensabile apoteosi estetica notturna, si può provare un sentimento estatico che l’arte è di rado in grado di sprigionare, e per una durata certamente non paragonabile a quella delle altre categorie di contemplazione artistica, anche quando questi avvengano a un livello perfetto di comprensione culturale e comunione con le opere. Fuori da un festival può capitare, seppur molto raramente, di trovarsi nella condizione estetica talmente privilegiata da provocare una sindrome di Stendhal; durante una di queste serate si è ragionevolmente certi di viverne una ventina.

Anche se l’obiettivo dell’arte non è necessariamente quello di innescare l’estasi, quando questa si manifesta si è certi di essere in presenza di opere di indubitabile impatto. Seguendo questo ragionamento, un particolare tipo di eventi che riesca a ottenere con precisione scientifica tale risultato, che posto spetterebbe tra le espressioni artistiche? Non saprei dirlo con certezza ma sono sicuro che un posto, tra le arti, lo meriterebbe. Trattandosi in ultima analisi di grandi installazioni artistiche in sinergia con l’ambiente circostante e con la musica, e la cui singolarità consiste in una fruizione immersiva e alterata, i festival psytrance sono leggibile come una Gestalt sviluppatasi nel corso di perfezionamenti decennali tesi a generare estasi. C’è infatti chi li definisce tecnologie dell’estasi, e quel che li rende artistici è la combinazione volontaria di elementi che altrimenti sarebbero spesso perfino banali, pacchiani. Le feste sono un fenomeno sotto-culturale e globale evolutosi nel tempo, scartando le soluzioni meno convincenti e raffinando quelle più efficaci, a tutti i livelli, sin dalle prime iterazioni sulle spiagge di Goa nei primi anni Novanta, quando i DJ iniziavano ad eliminare le parti vocali dai loro mix per venire incontro alle esigenze dei festanti. Leggendo la descrizione del Dance Temple che si trova sul sito del Boom, un grande festival goa che si tiene ogni due anni in Portogallo, si capisce quanto lo studio di ogni particolare sia intenzionale, ponderato e miri esplicitamente al raggiungimento di un certo effetto:

L’arazzo del Dance Temple è intessuto in combinazioni geometriche infinite. I fili del suo sacro intreccio geometrico ne delineano la struttura d’insieme: un catalizzatore di spirali, e una serie di schemi pulsanti di colori, luci, energia e suono. È qui che la magia prende vita. Esplicitarlo significa comprendere l’esistenza di un universo veramente intelligente. Qui risuonano gli invisibili fili della vita: Fibonacci o il “Fiore della vita”, le sezioni auree o i solidi platonici, motivi orbitali o nuvole esagonali, forme organiche e decorazioni mozzafiato. […] Nel suo complesso, l’allestimento del Dance Temple è stato pensato per innescare una profonda esperienza trascendentale, invocata non solo dalle qualità degli artisti, da quella dell’insieme e dalla sua unicità – ma anche da set musicali più lunghi di quelli che di solito si trovano nella maggior parte degli altri eventi. “Hyonotic” e “deeply meditative”, “dark” e “forest”, queste sono le vibrazioni che accompagneranno il misticismo della Luna fin quando i primi frammenti di luce porteranno i suoni che accompagnano l’alba. E poi, sotto il calore del Sole, sperimenteremo le proprietà luminose ed estatiche della psy-trance, della full-on, della goa-trance “classica”, nei suoi nuovi adattamenti, e della progressive psy-trance.

Ok, è una descrizione un po’ ingenua e dalle nuance molto new-age, ma ci dà alcune indicazioni preziose. La selezione dei materiali, la disposizione degli spazi, le location e le decorazioni fluo collaborano in modo organico col fine di esaltare l’avvitamento e la fusione di tre percorsi: quello musicale, quello notturno e quello della trasfigurazione della coscienza – che insieme concorrono a una catabasi collettiva. All’arco della volta celeste, che passa dal tramonto che si fa sera, poi notte stellata, quindi oscurità profonda e infine alba, risponde il percorso che fa la coscienza amplificata, descritto dallo psichiatra Stanislav Grof in uno studio del 1974 condotto su trentuno malati terminali trattati con acido lisergico, e articolato in quattro fasi fondamentali: la fase estetica (in cui dominano le visioni tipiche della distorsione sensoriale), la fase psicodinamica (in cui i ricordi del passato riemergono e vengono rielaborati), la fase perinatale (la più delicata, quella in cui si vivono esperienze di dolore, morte e rinascita) e la fase transpersonale (la più elevata, quella della vera e propria dissoluzione dell’ego). Una traiettoria simile la compie la musica: i “bpm” si alzano sempre di più nel corso della notte, e la musica si fa sempre più brutalmente caotica. All’avvicinarsi dell’alba, si ha un’inversione, un rallentamento, si passa gradualmente a ritmi più rilassati che sembrano infine sciogliersi in un inno di invocazione allo spuntare della luce. L’andamento “a onda” (che del resto mima anche l’andamento a ondate dell’esperienza psichedelica) è talmente codificato che a velocità e mood differenti corrispondono diversi sottogeneri di psytrance: forest/dark per il nadir notturno, progressive per la mattina, psychill, lenta e onirica, per la chillout, e molti altri. In conclusione penso non solo che i festival psytrance meritino di essere annoverati tra le arti, ma trovo che costituiscono l’opera più rappresentativa di quello che chiamiamo Rinascimento psichedelico.