La scommessa psichedelica

LSD 1943È questo il titolo di una raccolta di saggi, curata da Federico di Vita, sull’impatto della rinnovata attenzione verso le sostanze psichedeliche nella società contemporanea. Già prevista a maggio in concomitanza con il Salone del Libro di Torino, l’uscita del libro è stata rimandata a inizio ottobre (anche se titolo e immagine di copertina non sono ancora definitive). Di seguito una presentazione in anteprima del volume, oltre a una ulteriore scheda sugli autori e sui contenuti dei vari saggi.

Dopo decenni di misconoscimento le sostanze psichedeliche sono tornate nelle università, nei centri di ricerca, sui giornali e sulle riviste di tutto l’Occidente, grazie alle importanti scoperte scientifiche che le invocano come next big thing dei trattamenti psichiatrici. Sono usciti libri, anche in Italia, che hanno contribuito a far mettere a fuoco la rilevanza di tali studi a un pubblico sempre più vasto. Manca però ancora l’ultimo passaggio, quello che ci proponiamo di fare con questo volume: mostrare come il Rinascimento psichedelico, oltre che per i futuri impieghi terapeutici, sia già al giorno d’oggi parte integrante di tanti aspetti delle società e delle culture occidentali.

La riemersione della psichedelia dal sottosuolo in cui era stata relegata alla fine degli anni ‘60 si è coagulata, nella rappresentazione pubblica, su tre temi principali: la ricerca medica sull’impiego di sostanze psichedeliche nel trattamento di varie patologie (Sindrome da stress post-traumatico, ansia di morte nei malati terminali, dipendenze da sostanze tossiche come l’alcol, depressione, persino cefalea a grappolo); la diffusione sempre più ampia dei riti neo-sciamanici a base di ayahuasca nell’ambito di contesti di accrescimento personale; la pratica del microdosing di LSD come coadiuvante dell’umore e della produttività, di moda nella Silicon Valley e presso le classi creative nelle metropoli occidentali.

Dietro questi temi, con risalto assai minore, fanno capolino numerosi altri: la diffusione dei “festival trasformativi”, dal Burning Man al portoghese Boom; le persistenti vene di psichedelia sempre più visibili nelle arti più diverse, anche nel mainstream: dalle incursioni pop nelle dimensioni del DMT di un Doctor Strange, alla nuova letteratura “strana” europea (Tom McCarthy, Mircea Cărtărescu, Antoine Volodine, etc.).

È sulla base di questi spunti molti hanno parlato, a partire dai primi anni Dieci, di Rinascimento psichedelico, una definizione che può trovare il suo emblema nelle affascinanti immagini in risonanza magnetica del cervello acceso dalla psilocibina realizzate da Robin Carhart-Harris e Giovanni Petri. Novità che i media hanno riportato con toni – ineditamente – favorevoli, tanto da far apparire quasi prossimo il momento in cui le società occidentali cesseranno di percepire come una minaccia il consumo di sostanze psicoattive, e abbandoneranno il riflesso condizionato che associa la “droga” (nel dibattito politico ancora anacronisticamente declinata sempre al singolare) alla criminalità e a comportamenti autodistruttivi; solo allora potremo sperare in una liberalizzazione del consumo.

In questo contesto, che autorizza un certo ottimismo, si levano tuttavia, dall’interno dello stesso movimento psichedelico, alcune voci di perplessità: c’è chi, come Erik Davis (Techgnosis), paventa gli effetti di normalizzazione che una visione della psichedelia troppo entusiasta sugli aspetti medici può comportare; si moltiplicano inoltre le notizie sugli effetti deleteri del “turismo dell’ayahuasca” nei paesi del Centro e Sud America. Dal canto suo, David Nickles (DMT-Nexus) sostiene che nell’attuale assetto economico, la liberalizzazione rischierebbe di mettere nelle mani delle multinazionali farmaceutiche una gallina dalle uova d’oro saldamente subordinata alla logica del profitto.

Consapevoli di tali tensioni, col presente progetto di volume, intendiamo fornire una serie articolata, consequenziale e coesa di riflessioni che mostrino come la psichedelia stia espandendosi, in modo sempre meno sotterraneo, e non solo nel campo terapeutico ma anche nell’arte, nella musica, nella letteratura e nella cultura pop, fino alla tecnologia, alla “Internet culture” e alla politica.

(Qui un’ulteriore scheda sugli autori e sui contenuti dei vari saggi).

Ketamina: un anestetico psichedelico

Ketamina, un anestetico psichedelicoÈ questo il titolo di un volume fresco di stampa curato da Gianluca Toro per Nautilus (190 pagine, 13 euro). Si tratta di un excursus a tutto campo che parte dalla prima sintesi della sostanza, dovuta al chimico C.L. Stevens, consulente della Parke-Davis nel 1962. Tre anni dopo la ketamina era già considerata un anestetico generale piuttosto sicuro e maneggevole, meno tossica, ad azione piú rapida e con effetti psicoattivi meno pronunciati rispetto alla fenciclidina (PCP). Produce la cosiddetta “anestesia dissociativa”, in riferimento a una disconnessione della coscienza dal corpo e dall’ambiente circostante.

Le dosi psichedeliche (subanestetiche), emerse con l’avvento della cultura dance e dei rave party degli anni ’80, corrispondono al 10-25% di quelle usate in chirurgia come anestetico. Le dosi basse sono adatte per un uso ricreazionale in cui si può mantenere un maggiore controllo dell’esperienza e del corpo e la capacità di muoversi, ballare e parlare, oltre che una migliore percezione e interazione con l’ambiente circostante, un certo senso di identità e la memoria, mentre quelle alte sono riservate a un uso psiconautico in cui si può giungere a uno stato di incoscienza.

Se ne possono comunque distinguere diversi usi, ovvero ricreazionale, psiconautico, medico e psicoterapeutico. Quest’ultimo si sta mostrando molto promettente, in particolare per il trattamento della depressione, della dipendenza da sostanze di abuso (come alcol, benzodiazepine, barbiturici, eroina e cocaina), di disordini nevrotici e del disordine da stress post-traumatico.  Dai metodi di consumo e dosi alle combinazioni con altre sostanze, passando per la farmacologia, i modelli di consumo, i campi di impiego e i resoconti di esperienze, il testo di Gianluca Toro offre le informazioni essenziali su questa sostanza per evidenziarne i rischi e le potenzialità, soprattutto in campo psicoterapeutico.

Particolare importante: Non essendo inclusa nella Tabella I delle sostanze proibite, la ketamina viene spesso prescritta contro dolori cronici e nervosi (soprattutto le cefalee). E la ricerca è andata avanti senza particolari intoppi, tant’è che negli ultimi anni nel Regno Unito e in Usa è stata sperimentata per vari disturbi mentali, soprattutto per la depressione e disordine bipolare con risultati incoraggianti. Nel marzo 2019, la FDA statunitense ha approvato uno spray nasale specifico per la depressione basato sulla sostanza, noto come Esketamina – prescrivibile solo a chi ha provato due o più antidepressivi senza successo e sotto la supervisione di un centro di recupero. Invece a Toronto, in Canada, è stata appena aperta la prima clinica per la depressione, Field Trip, dove il trattamento integra una microdose di ketamina con la psicoterapia, con succursali previste in tarda estate a Los Angeles e New York. Ogni sessione, della durata di circa due ore, costa tra i 200 e i 400 dollari, e generalmente non è coperta dalle assicurazioni sanitarie private.