Aldous Huxley: ricerca sugli stati di coscienza e ricerca spirituale

Nell’odierno, variegato e dinamico scenario globale che ruota intorno alla psichedelia l’approccio multidisciplinare è divenuto centrale. Al contempo è cresciuto lo sforzo per operare lungo percorsi sempre più collaborativi e interconnessi. Questioni ben note agli addetti e ripetutamente menzionate dai “pionieri”, ma non di rado dimenticate o sottovalutate, sull’onda della spinta all’ipermedicalizzazione o dei facili entusiasmi per il nuovo revival. Si tatta cioè di procedere consapevolmente verso una vera e propria Maturità Psichedelica capace di produrre frutti duraturi e validi per tutti.

Un contesto in cui torna utile rivisitare l’impegno di uno di tali “pionieri”, l’autore britannico Aldous Huxley (1894-1963), nel chiarire l’intreccio fra stati non ordinari di coscienza e dimensioni di tipo spirituale, come anche l’intermediazione tra opere di letteratura e il mondo della ricerca scientifica e filosofica. Da qui l’attualità di riproporre questa riflessione firmata da Mario Lorenzetti* e apparsa sul bollettino della Società Italiana di Studi sugli Stati di Coscienza (SISSC), N°2 del settembre 1998.

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L’importante ricerca di Aldous Huxley sugli stati non ordinari di coscienza e sul rapporto che questi hanno con le dimensioni di tipo spirituale è a volte difficile da dimensionare, data da un lato l’importanza dell’opera dell’autore e la ‘prescientificità’ di essa dall’altro lato.

Troppo spesso viene apprezzato dal punto di vista narrativo, prescindendo dai suoi saggi, o dalla veicolarità dei suoi romanzi. Huxley si era posto il problema di una letteratura incapace di mediare con il mondo della ricerca scientifica e filosofica. In The  Final Revolution (intervento pubblico tenuto il 25 gennaio 1959 all’Università della California a San Francisco), Huxley precisa il suo pensiero a proposito:

‘Come mettere assieme il meglio di entrambi i mondi: il mondo della specializzazione, che è assolutamente necessario, e il mondo della comunicazione generale e di interesse nelle più grandi questioni della vita, che è anche necessario. Penso che l’uomo di lettere abbia un contributo da portare. Egli può, se sceglie di associarsi un po’ con gli specialisti, fare qualcosa per formare un ponte tra scienza e mondo in genere’(1).

Ma l’uomo di lettere ha per Huxley anche un ruolo veicolare nel produrre e rendere pubbliche con gli scritti riflessioni e intuizioni di carattere prescientifico:

‘Gli uomini di lettere(…) hanno prodotto alcuni estremamente interessanti risultati in questo campo, che possono essere chiamati prescientifici. Per esempio, se si paragona la psicologia medievale o la psicologia del XVI secolo con la poesia del Canterbury Tales di Chaucer, si percepisce l’enorme superiorità del letterato sull’uomo di scienza del periodo. Lo stesso è vero per Shakespeare. (…) La psicologia ufficiale, la psicologia scientifica non comincia a mettersi alla pari con la psicologia letteraria prima della seconda metà del XIX secolo. E’ incredibile percepire l’aridità della dottrina della psicologia ufficiale del periodo in paragone della psicologia letteraria di alcuni romanzieri come Balzac o Dickens o George Eliot o Dostoyevsky e Tolstoy. Si è sbalorditi di fronte alla povertà delle formulazioni scientifiche se paragonate alla straordinaria ricchezza e sottigliezza di questi uomini, attraverso osservazioni e intuizioni esposte nei loro romanzi’.(2)

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Ketamina e psicoterapia

[ Articolo di Gianluca Toro* ]

Lo studio degli effetti e dei meccanismi di azione degli psichedelici in generale e delle connessioni tra mente e cervello ha portato a nuovi approcci psicoterapeutici alle psicosi. Ciò ha permesso di proporre una funzione psicoterapeutica per gli psichedelici in diversi casi come stress psichico, nevrosi (anche traumatiche), sindromi depressive, disturbi del comportamento e del carattere, squilibri della personalità e sofferenza e angoscia nelle malattie terminali, oltre che nella cura della dipendenza da sostanze di abuso (Camilla 1996; Strassman 1995).

Ketamina, un anestetico psichedelicoGli psichedelici possono accelerare il processo psicoterapeutico migliorando le associazioni mentali, intensificando le emozioni, riportando in superficie ricordi passati e materiale inconscio, contenendo la rimozione e amplificando certi aspetti del transfert (Strassman 1995). I risultati psicoterapeutici ottenuti dipendono dall’efficacia del lavoro analitico e non dalle proprietà intrinseche delle sostanze usate, che non sono inerentemente terapeutiche e rimangono un elemento tra i molti che compongono il processo psicoterapeutico (Camilla 1996; Strassman 2001).

L’uso psicoterapeutico degli psichedelici rappresenta una fase importante nella maturazione individuale. Il paziente diventa meno ansioso e nevrotico, più aperto emotivamente, più sicuro di sé stesso e delle sue possibilità e più confidente nel proprio futuro, aumenta l’importanza di elementi quali l’autopercezione, l’indipendenza individuale, il raggiungimento di scopi, la creatività, l’appagamento spirituale e il riconoscimento sociale. Si comprendono meglio il valore, le prospettive e gli scopi della propria vita, la vita stessa diventa più interessante e significativa, registrando anche modifiche positive negli atteggiamenti verso differenti aspetti della vita stessa nonché della morte e nel modo di vedere il mondo (Krupitsky & Grinenko 1996).

Esistono tre tipi di approcci psicoterapeutici in cui si usano psichedelici, ovvero la terapia psicolitica, la terapia psichedelica e la terapia ipnodelica. Essi si possono esemplificare nel caso dell’LSD (Camilla 1996).

La terapia psicolitica nacque come una modifica della psicoterapia a indirizzo analitico. Essa consiste nella somministrazione di dosi basse o medie di LSD (75-200 μg) ogni settimana od ogni 15 giorni. Il numero di sedute dipende dalla natura del problema clinico e dallo scopo psicoterapeutico, variando da 10-15 fino a 100 con una media di 40. Il fine è quello di fare emergere materiale inconscio da analizzare durante la seduta stessa o successivamente in sedute tradizionali senza assunzione della sostanza. In confronto al normale lavoro analitico, nella terapia psicolitica il processo di riemersione del materiale inconscio è molto più accelerato e approfondito (Camilla 1996).

La terapia psichedelica si basa su un’unica somministrazione, o per un numero molto limitato di sedute, di una dose alta di LSD (300-600 μg) accompagnata da una psicoterapia intensiva. Lo scopo è quello di ottenere un’esperienza altamente destrutturante che possa risultare in un cambiamento radicale della personalità del paziente (Camilla 1996).

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Bicycle Day 2021: da Albert Hofmann alla maturità psichedelica

Bicycle Day 2021Esattamente 78 anni fa il chimico svizzero Albert Hofmann auto-sperimentava una sostanza sintetizzata 5 anni prima e lasciata nel cassetto, la dietilammide dell’acido lisergico (Lsd). Prima in modo accidentale (16 aprile 1943) e poi consapevolmente (19 aprile), in quello che è divenuto noto in tutto il mondo come Bicycle Day. A ricordo e “celebrazione” di questi eventi, non mancano certo le testimonianze e i materiali originali anche in Italia, soprattutto ora che la questione va conquistando sempre più attenzione a  livello mainstream  (incluse giuste critiche e lacune).

Si parte dalla video-chiacchierata con Gilberto Camilla, presidente onorario della SISSC (Società Italiana per lo Studio gli Stati di Coscienza) svoltasi il dicembre scorso in occasione degli Stati Generali della Psichedelia in Italia 2020, dove emergono aneddoti e altri dettagli inediti proprio riguardo al Dr. Hofmann.

Per chi volesse saperne di più o rileggere quelli che sono divenuti dei veri e propri “classici” di e su quest’ultimo, sono disponibili diversi Millelire degli anni ’90, la storica collana di Stampa Alternativa, scaricabili liberamente in pdf: Viaggi Acidi, I misteri di Eleusi, Percezioni di realtà, I miei incontri con Huxley, Leary, Junger, Vogt.

Tre giorni fa si è poi svolto il primo evento curato da PsyCoScienze, organizzazione formatasi recentemente a Napoli e dedita alle questioni relative a scienza e cultura psichedelica tramite un approccio integrato e interdisciplinare, con un livestreaming su Facebook dal titolo significativo: L’esperienza psichedelica: verso un nuovo paradigma di cura?

Senza dimenticare l’imminente lancio un nuovo progetto ad hoc: Tornare a Eleusi e ai suoi Grandi Misteri, con una serie di materiali inediti e di appuntamenti quindicinali online, curato dal Prof. Riccardo Zerbetto. Il quale ha tenuto interventi in tema nel corso degli Stati Generali della Psichedelia in Italia sia nell’edizione 2019 che in quella 2020, e ha discusso l’ipotesi di uno “sciamanesimo occidentale” con Massimiliano Palmesano in un recente livestreaming.

Come sottolineava ripetutamente Hofmann e come confermano i soggetti e le risorse di cui sopra, l’esperienza-esplorazione psichedelica rimane insomma un percorso articolato e poco lineare, oltre che foriero di un approccio multidisciplinare e di un impegno personale e collaborativo, con ampie conseguenze socio-culturali a livello globale. Pur a fronte delle ovvie promesse terapeutiche è bene evitare l’ipermedicalizzazione e i facili entusiasmi sull’onda del cosidetto “rinascimento psichedelico”, evitando scorciatoie e facili illusioni,  insistendo a favore di prudenza e informazione, con grande attenzione a dose, set, setting, a livello personale, oltre al rispetto di importanti linee-guida etiche per le entità che operano variamente nel settore.

In aggiunta al fatto non da poco che trattasi di piante, sostanze e pratiche tuttora illegali, pur le eccezioni emergenti di depenalizzazione in poche città Usa, insieme al peso burocratico e finanziario per le sperimentazioni scientifiche in corso soprattutto in ambito anglosassone. Come pure importante è riconoscere a queste “medicine per la coscienza” quel valore che hanno avuto in molte culture sin dall’antichità, ovvero porsi come un ponte con il mondo dello spirito, verso la dimensione sacra della vita. Ergo, nella divulgazione per il grande pubblico di queste complessità, oggi più che mai è il caso di puntare a un approccio sfaccettato e articolato: più maturo.

Albert HofmannUn contesto in cui è importante, per tutti i soggetti nostrani variamente coinvolti o interessati all’attuale riscoperta degli psicheledici, operare lungo un percorso collaborativo teso alla possibile Maturità Psichedelica. A partire dal fatto di essere consapevoli e ben informati su pregi, difetti e limiti di sostanze, operatori, aziende e quanti altri attivi oggi sul campo. E sfruttando al meglio l’universo online, farsi un’idea propria e discuterne negli spazi condivisi.  Evitando magari di concentrarsi solo sulla sfera più trainante del “viaggio”, quella emotiva o estetica, per dare invece più attenzione alla preparazione e all’integrazione.

Questioni ben note agli addetti e ripetutamente menzionate da pionieri come il Dr. Hofmann – che merita tutti i nostri ringraziamenti – ma spesso ignorate o sottovalutate da chi si avvicina alla psichedelia solo sull’onda di questo revival. E a cui sono dedicati anche diversi passaggi di una intervista di PulpLibri  con Alessandro Novazio, fondatore e coordinatore della rete Psy*Co*Re. Puntando così a un Bicycle Day sempre più maturo, collaborativo e consapevole.

 

Ernst Jünger, psiconauta lisergico

[ Articolo di Gianluca Toro* ] . Tra le opere del ’900 che hanno trattato il tema delle droghe, Avvicinamenti. Droghe ed ebbrezza (1970) dello scrittore e filosofo tedesco Ernst Jünger (1895-1998) (pubblicato in italiano nel 2006) Avvicinamenti (Junger)emerge sicuramente come una tra le piú significative sia per la varietà delle sostanze considerate che per le riflessioni proposte, espresse nella prosa lucida ed evocativa che da sempre caratterizza lo scrittore tedesco. Il testo di Jünger costituisce una fenomenologia degli stati modificati di coscienza indotti da alcool, etere, cloroformio, hashish, oppio, cocaina, funghi psilocibinici, mescalina e LSD, un contributo sulla scia di Thomas De Quincey (Confessioni di un mangiatore d’oppio [1822]), Claude Baudelaire (I paradisi artificiali [1860]) e Aldous Huxley (Le porte della percezione [1954]).

L’opera definisce anche il concetto di “psiconauta” contrapposto a “ricercatore delle droghe” proposto dallo studioso svizzero-islamico Rudolf Gelpke (1928–1972) ne L’ebbrezza in Oriente e Occidente (1966). “Psiconauta” significa “navigatore della psiche” ovvero viaggiatore del mondo mentale interiore attraverso l’assunzione di sostanze psicoattive. Nel testo di Jünger il termine sarebbe attribuito ad Arthur Heffter, il quale testò su di sé la mescalina pura negli anni 1896-1898.

Tra gi “avvicinamenti” di Jünger ci sembra significativo isolare nelle sue linee essenziali quello con l’LSD, in quanto la sostanza ha avuto un certo ruolo nel plasmare in parte la cultura del ’900, sia a livello di influenze in campi quali per esempio la letteratura, l’arte e la scienza, che per le personalità coinvolte. Jünger conobbe l’LSD direttamente tramite il suo scopritore, il chimico svizzero Albert Hofmann. I due intrattennero un fitto carteggio dal 1947 al 1998 (raccolto nell’omonimo libro del 2017), anno della morte di Jünger, che testimonia la nascita e il consolidamento di una sincera amicizia basata sul reciproco rispetto, carteggio in cui è possibile apprezzare l’origine e lo sviluppo quasi quotidiano delle loro riflessioni sia sull’LSD che su altre sostanze psicoattive.

Hofmann sintetizzò l’LSD nel 1938 come possibile analettico, ma le sue proprietà psicoattive furono evidenziate solo nel 1943 per via fortuita. Nel 1944 fu pubblicata la sintesi della sostanza mentre nel 1947 furono ufficialmente rese note le prime descrizioni degli effetti. Dall’inizio degli anni ’50 la casa farmaceutica presso cui Hofmann lavorava, la Sandoz, iniziò a distribuire l’LSD come una preparazione sperimentale sotto il nome di Delysid, e per tutti gli anni ’50 e i primi anni ’60 fu usato in psichiatria clinica e nella ricerca neurologica. Ma l’uso dell’LSD non rimase confinato ai laboratori di ricerca, e dai tardi anni ’60 si diffuse come droga ricreazionale, diventando illegale in diversi paesi. La domanda di LSD crebbe a tal punto che nel 1965 la Sandoz cessò volontariamente la distribuzione del Delysid, in quanto le richieste avrebbero potuto portarle una pubblicità negativa.

Lsd, Junger, HofmannLa prima esperienza di Jünger con l’LSD avvenne nel 1951 a Bottmingen, nei pressi di Basilea. All’incontro parteciparono Hofmann e il medico H. Konzett, seguendo l’intento di esplorare gli effetti della sostanza sulla sensibilità artistica. Jünger assunse una dose di 50 μg (microgrammi). Tra gli effetti riportati, oltre all’intensificazione dei colori e all’amplificazione e trasfigurazione della musica, lo scrittore descrisse la sua esperienza percettiva del fumo emanato da un bastoncino di incenso.

Il fumo trema, si avvolge e ondula in un gioco di figure lievi, “materia e movimento, abito e corpo non mostravano qui alcuna separazione”, “essere ed evento coincidevano in modo quasi assoluto, e cosí pure la visione e il fenomeno”, “quello che al principio si è separato si ricongiunge in una grande simmetria: l’alto e il basso, la valle e l’onda, […], il padre e la madre, la forza e lo spirito”. Il colore azzurro del fumo si trasforma in uno piú etereo che pian piano inonda il vuoto crescente dello spazio, “ ‘spazioso’ – è una condizione che intensifica lo spazio. […] il vuoto aumenta”, “non viene soppresso solo ciò che non ha importanza, ma anche quasi tutto ciò che ci appariva importante”.

In definitiva Jünger ebbe l’impressione che l’LSD non portasse “oltre le anticamere, per quanto finemente decorate”, il che fu probabilmente dovuto alla dose troppo bassa, definendo la sostanza “un gatto domestico, a confronto con la tigre reale, la mescalina; tutt’al piú un leopardo”. Jünger elaborerà questa esperienza in Visita a Godenholm (1952) in chiave di iniziazione alla scrittura ispirata.

In una seconda esperienza nel 1970, sempre con Hofmann, Jünger assunse 150 μg di LSD. Oltre nuovamente all’intensificazione dei colori, egli entrò in “altri spazi, dove tutto si acquieta”, in un “completo benessere”, come se “una ricca sorgente sgorgasse all’interno della visione”. Durante una passeggiata “la neve ardeva come la scoria appena uscita da un altoforno”.

Jünger interpreta le sue esperienze alla luce del bisogno di trascendenza dell’uomo moderno. Il tema è il superamento del tempo e la sua condensazione in un attimo di pienezza come quello che l’ebbrezza assicura. La condizione raggiunta è simile a quella del sogno, in cui compaiono oggetti liberati dalle loro proprietà ordinarie e che ne conquistano di nuove rendendoli piú “vigorosi”. Se la sua forza aumentasse ancora, si abbandonerebbe il mondo dei sogni e si entrerebbe in nuove realtà.

L’ “essere stato lí una volta” può provocare un mutamento che rimane ignoto alla persona. L’acuirsi della sensibilità, che potrebbe anche essere permanente, e l’affinamento del giudizio permettono di avvicinarsi al “reticolo fondamentale”, ovvero a una sorta di struttura invisibile che definisce la realtà proiettandosi in essa. Si tratta di una forma diversa di conoscenza che ha i suoi pericoli. Come scrisse Arthur Rimbaud, “I veri viaggi sono immobili”.


*Gianluca Toro è un chimico in campo ambientale. Si interessa di composti psicoattivi naturali nell’ambito dell’etnobotanica e dell’etnomicologia, nonché di composti psicoattivi sintetici, con particolare riguardo per l’aspetto chimico e farmacologico. Ha pubblicato articoli per riviste italiane, francesi, spagnole, tedesche e americane.

Continuum fantastico ed esplorazioni psichedeliche

Erik DavisLungo il percorso “verso la maturità psichedelica”, venerdì 5 febbraio l’associazione studentesca Mens Ex Machina e il network di Psy*Co*Re, in particolare Simone Capozzi, propongono  un livestreaming con un ospite d’eccezione, lo scrittore, saggista  e critico culturale californiano Erik Davis. Il tema dell’incontro ruota intorno all’intreccio continuo tra fantastico, letteratura e psichedelia: «Il fantastico è uno psichedelico che apre ad esperienze straordinarie a partire dal un piccolo elemento fuori luogo, da qualcosa che non va», (come in Time out of Joint di Philip K. Dick).

Erik Davis è uno dei maggiori alfieri della stranologia, ovvero i «weird studies», e noto soprattutto per due importanti studi: High Weirdness: Drugs, Esoterica, and Visionary Experience in the Seventies (2019) e TechGnosis: Myth, Magic, and Mysticism in the Age of Information (1998). Quest’ultimo saggio, uscito  nel 2001 in italiano presso Ipermedium Libri, che nel 2014 ha pubblicato anche il suo Codici nomadi. Vol. 1: Avventure nell’esoteria moderna, esplora in particolare le affinità e i legami fra l’immaginario tradizionale legato al soprannaturale e l’immaginario contemporaneo – temi sviluppati anche in un’intervista del 2008 su Quaderni d’Altri tempi. Per ulteriori esplorazioni a tutto campo, da non perdere il suo ricco sito web e  lo spazio-newsletter di recente lancio su Substack  (a pagamento), Burning Shore: Consciousness Culture from a California Perspective.

Il trentennale della SISSC. La “rinascita” e il nuovo “Altrove”

Fondata nel 1990 e presieduta inizialmente dal neurofisiologo e psicoterapeuta milanese Marco Margnelli (ricercatore presso il Cnr, il Karl Ludwig Institut fur physiologie dell’Universita di Lipsia e l’Università del North Carolina), la Società Italiana per lo Studio degli Stati di Coscienza (SISSC) ha base a Torino e prosegue le sue attività mirate a promuovere e a facilitare lo studio del vasto e multidisciplinare campo di ricerca sugli stati di coscienza. Psy*Co*Re ha dedicato il pomeriggio della seconda giornata dei recenti Stati Generali della Psichedelia in Italia (SGPI20) proprio al suo trentennale, ripercorrendone il cammino e facendo il punto sui propositi per il futuro.

Oltre a vari interventi dei soci fondatori della “nuova” SISSC, c’è stata una stimolante conversazione a tutto campo tra Alessandro Novazio, coordinatore di Psy*Co*Re (e membro fondatore della nuova SISSC) e Gilberto Camilla, presidente onorario, il quale ha anche raccontato alcuni aneddoti sulle incursioni italiane di pionieri quali Albert Hofmann, Carl Ruck ed Ernst Jünger. L’attuale presidente, Antonello Colimberti, ha  ribadito il costante impegno della SISSC per ampliare la conoscenza e la divulgazione scientifica, impegno necessario ancor più oggi che queste tematiche vanno (finalmente) attirando l’interesse Altrove - SISSCmediatico, letterario e popolare anche in Italia. Impegno sottoscritto da tutto il nuovo direttivo: dal vulcanico vice presidente Maurizio Nocera, al segretario Nerio Bonvicini, ai consiglieri Francesco Perricelli e Bruno Severi.

Lo conferma anche Claudio Barbieri, che sta curando il nuovo numero in uscita di Altrove , la pubblicazione annuale della SISSC edita da Nautilus, che tornerà ai “fasti di un tempo” con veste grafica rinnovata e interventi d’approfondimento. Tra gli articoli ipresenti nell’ultimo numero, troviamo: Ayahuasca e sciamanismo, (Michael Taussig intervistato da Peter Lamborn Wilson [Hakim Bey]), Piante e sostanze allucinogene nella pratica sciamanica e terapeutica (Ralph Metzner), Interpretazione etnomicologica dell’arte rupestre sahariana (Gianluca Toro), Il monaco del suono (Leopoldo Siano), Andare oltre la materialità (Elémire Zolla intervistato da Maurizio Nocera). La rivista viene inviata gratuitamente a tutti gli iscritti alla SISSC, mentre per prenotarne una copia e/o per altre informazioni, scrivere a: sisscaltrove@gmail.com.

Riportiamo di seguito alcuni stralci (qui c’è la versione integrale) del saggio curato da Nicholas Cozzi, dell’Università del Wisconsin a Madison (Usa), che anticipa di molti anni le evidenze emerse dalle ultime ricerche neuroscientifiche: La breccia psichedelica nelle neuroscienze. Come le droghe psichedeliche hanno influenzato la nascita e lo sviluppo della psicofarmacologia. 

Nella metà del XX secolo l’opinione prevalente in psicologia e psichiatria era quella secondo cui gli stati d’animo, i desideri, i sentimenti, i ricordi, i comportamenti e il carattere sarebbero determinati da storie ambientali, esperienze infantili, dall’azione reciproca fra ricompensa, punizione, repressione e rinforzo, dalla mente inconscia e da meccanismi psicosessuali, fra gli altri. L’attività del cervello era ritenuta essenzialmente di natura elettrica. Prima degli anni Quaranta e all’inizio degli anni Cinquanta, il concetto che la coscienza fosse influenzata, se non determinata, dall’azione di sostanze chimiche prodotte nel cervello, era del tutto estraneo.

Gli importanti eventi che trasformarono i paradigmi precedenti e diedero vita alla neurochimica e alla neurofarmacologia, che portarono direttamente allo sviluppo della psicofarmacologia come disciplina scientifica, sono di fatto legati alla scoperta e alla ricerca sugli effetti psicoattivi della dietilamide dell’acido lisergico (LSD), della NN-dimetiltriptamina (DMT), della psilocibina e delle altre sostanze psichedeliche. Una delle più importanti scoperte sorte dalla ricerca sulle droghe psichedeliche fu la comprensione del ruolo della serotonina nei processi mentali.

Alla luce di queste scoperte in neurochimica, le ipotesi della psicologia e della psichiatria rispetto all’origine e alla natura della coscienza e dei disturbi psicologici dovrebbe subire una significativa revisione. Diventa necessario per la psicologia e la psichiatria incorporare le osservazioni derivanti dalla neuro- biologia nei modelli del funzionamento mentale. La neurochimica e la neuro- farmacologia incominciarono ad assumere ruoli dominanti nella ricerca sulla coscienza e nel trattamento delle malattie mentali a partire dalla fine degli anni Cinquanta e poi negli anni Sessanta. In particolare, divenne obbligatorio per le pratiche psicoterapeutiche usare droghe psicoattive, logicamente derivate dalle scoperte sperimentali della neurofarmacologia, come un miglior approccio alla salute psicologica.

Anche se molto è ancora da perfezionare, l’efficacia di queste droghe ha indubbiamente portato benefici a innumerevoli vite. L’interesse nei neurotrasmettitori e nelle droghe che modulano la loro attività continua a motivare molte ricerche da parte di Accademie, di industrie farmaceutiche e biotecnologiche e degli istituti governativi.

Antropologi occidentali tra ayahuasca e sciamanesimo

Amselle+NarbyProsegue la bonanza di libri italiani su temi variamente legati alla psichedelia (raggruppati sotto la categoria MindBooks). Stavolta si tratta di Psicotropici: La febbre dell’ayahuasca nella foresta amazzonica, dell’antropologo francese  Jean-Loup Amselle, direttore di studi all’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, pubblicato da Meltemi Editore. Ne parla in un ampio intervento su Carmilla lo psichiatra Piero Cipriano. Il quale stronca senza mezzi termini l’approccio di Amselle:

Il mio giudizio è severo perché negli ultimi decenni, in cui tutti i mondi da scoprire sono stati scoperti, e l’unico mondo inesplorato è quello che puoi vedere solo se entri in un altro stato di coscienza, un antropologo che (pur occupandosi di sciamani e di ayahuasca) ha l’ossessione della sobrietà, il culto, la venerazione dello stato di coscienza ordinario, e non si affaccia neppure una volta una soltanto dico una nell’altro mondo, nel mondo dove ci sono gli spiriti (direbbero gli sciamani) oppure ci sono i morti oppure i demoni e gli dei, che antropologo può mai essere? Che saggio su sciamani amazzonici e ayahuasca potrà mai scrivere? Un libro scritto da un voyer, uno che sta al di qua, a guardare a studiare da fuori i vari “attori della filiera sciamanica”, come li chiama, per osservare da fuori ciò che ha timore di vedere da dentro. Come uno che, invece di scopare in prima persona, guarda gli altri mentre sono intenti a… bere l’ayahuasca. Cosa potrà mai capirci?

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Stralci di psichedelia italiana dal 1969 a oggi

Il Volo Magico, 2020Ottima la panoramica sull’editoria e la cultura psichedelica nostrana dell’ultimo mezzo secolo appena pubblicata su L’indiscreto, a firma di Andrea Cafarella, nel contesto di un’ampia riflessione a partire dal ’69 psichedelico italiano. Dove si annuncia l’agognata ristampa de Il volo magico di Ugo Leonzio per Il Saggiatore, con la puntuale prefazione di Agnese Codignola. Una pietra miliare in quest’ambito, pubblicata nel 1969 da Sugar e negli Oscar Mondadori, e poi letteralmente scomparso di scena — pur se rimane «la migliore esposizione di questi argomenti tutt’oggi disponibile in lingua italiana», come ricorda giustamente il buon Giorgio Samorini.

Nel segnalare una varietà di libri in tema passati e recenti, il (lungo ma stimolante) pezzo vola variamente tra enteogeni ed esoterismo, espansione della coscienza e controcultura, esperienze personali e rinascimento psichedelico – puntando a una sorta di “ritorno alla mistica psichedelica”.  Ne riportiamo alcuni stralci:

«L’uso della droga ha lo scopo di sperimentare l’ascensione spirituale: volare, superare distanze immense, scomparire, sono alla base della ricerca estatica: sperimentare sul piano reale, carnale come ha detto Eliade, ciò che per la condizione umana è accessibile solo sul piano dello spirito». La questione mistica – questo ci preme individuare in questo ragionamento – è fondamentale, secondo Leonzio. È il centro della discussione. Non solo per quanto riguarda gli allucinogeni, «queste evasioni tossiche sono alla base di tutta la topografia mistica delle religioni orientali e della religione in genere, almeno nella sua formazione rudimentale». Torniamo qui al discorso che anche Graham Hancock porta avanti, quando, all’inizio del suo Sciamani, ipotizza il ruolo fondamentale che avrebbero avuto gli psichedelici nel momento della formazione della nostra coscienza, attraverso, appunto, l’estasi mistica, ovvero lo strumento ultimo di quell’arte fondativa dell’essere umano che è proprio l’arte di conoscersi. «Tutte le forme mistiche hanno usato, ai fini di provocare l’“estasi” o gli stati di beatitudine, metodi in grado di alterare la normale chimica del corpo. Le quaresime, i lunghi digiuni dei contemplativi di clausura impoverivano di vitamine il sistema nervoso, provocando una diminuzione dell’efficienza del cervello, in grado di provocare visioni. Le cerimonie medioevali dei Flagellanti utilizzavano per le battiture fruste di cuoio intrecciate con filo di ferro. L’atto della frustata liberava nel sangue grandi quantità di istamina e adrenaline, che insieme a varie sostanze tossiche prodotte dalle proteine in via di decomposizione, provocavano visioni simili a quelle degli stati schizofrenici. Il canto continuato, le cantilene interminabili del sacerdote sciamanistico, avevano come fine inconscio di aumentare la percentuale di CO2 nei polmoni e nel sangue. E ugualmente per gli esercizi orientali di respirazione». L’uso di sostanze psichedeliche sarebbe quindi solo uno degli strumenti da accostare alla pratica mistica, «non riteniamo che le droghe siano un surrogato per giungere all’estasi pura, un’alternativa al decadere della tecnica sciamanica», piuttosto una delle tecniche sciamaniche, oppure sarebbe meglio dire: una delle componenti di alcune delle tecniche sciamaniche. Pensiamo al tamburo, al canto e a tutti gli strumenti coinvolti nelle pratiche citate poc’anzi. Cosa sarebbe l’autoflagellazione senza flagello? Eppure, non basta un flagello per raggiungere l’estasi e la beatitudine.

Il Volo Magico, 1969«Ma i grandi mistici, lungi dal mostrare una confusione fra l’Io e l’ambiente, agiscono con grande efficacia e con acuto senso delle realtà sociali. L’Io, il Sé, che va smarrito nell’illuminazione mistica, non è quell’Io – o Sé – necessario all’esecuzione pratica dei propri compiti». Lo ripete quindi anche Fingarette; il vero problema, per il mistico che ha raggiunto l’estasi e l’illuminazione, sarebbe il fatto che non potrà mai vivere come viviamo noi e nemmeno in mezzo a noi, poiché sembrerebbe un folle, non potrebbe mai accettare l’ipocrisia di questa società. Noi stessi facciamo un’enorme fatica nel concepire che «La morte dell’Io, che dovrebbe precedere lo stato di “satori”, è per il mistico solo la morte della personalità, preoccupata della propria immagine; non l’eliminazione del livello cosciente; al contrario, [è] la sua elevazione». Il mistico non muore – nell’esperienza psichedelico mistica – per «staccare il cervello», per scordarsi di sé per qualche tempo e poi tornare alla pratica dell’apparire. Il mistico muore per rinascere. Totalmente diverso. Sempre diverso: illuminato, per essere un uomo nuovo, un mago. L’esperienza psichedelica diventa quindi un viaggio mistico verso la luce, fino alla salvazione che deriverebbe dall’ascolto profondo del Bardo, per produrre una vita davvero religiosa e una coscienza nuova e senza fine. L’esperienza mistica è quella di Giordano Bruno; forse – ci consiglia sempre Mazza Galanti – può tradursi in quella versione politica che aveva iniziato a progettare Mark Fisher quando scriveva il suo Acid Communism. L’esperienza mistica è il contatto con il sacro, attraverso il rituale che nasce da una fede alimentata dalla pura conoscenza, dal sapere che deriva da una pratica intensa e senza fine. L’iniziato sa di non poter mai arrivare a una risposta definitiva. Bisogna sapere di non sapere. La consapevolezza è tutto.

Per saperne di più, rimandiamo all’articolo integrale su L’indiscreto, curato da Andrea Cafarella: Il Sessantanove psichedelico italiano: differenze e coincidenze tra esperienze psichedeliche e mistiche.

In ristampa il “Saggio sulla transe” di Lapassade

Lapassade, Saggio sulal transeÈ finalmente in ristampa presso Mimesis-Jouvance questo libro che, pubblicato in prima edizione italiana per Feltrinelli nel luglio del 1980, rimane una tappa fondamentale della ricerca sugli stati modificati di coscienza. Ce ne informa lo stesso curatore, Gianni De Martino, aggiungendo un interessante stralcio dalla sua introduzione:

[Dopo le esperienze pschedeliche di massa emerse negli anni ’60] la nozione di “transe” (o trance) si trova ampliata e non più limitata a designare unicamente l’isteria, il sonno ipnotico e lo stato speciale di soggetti che partecipano a esperienze medianiche. In un secondo tempo la parola “transe” si è arricchita grazie alle ricerche etnologiche sui riti di possessione e infine è entrata nel vocabolario del “movimento del potenziale umano” e in quello politico della “nuova coscienza”.

La transe contemporanea non è la coscienza ipnotizzata, e neanche la coscienza assoggettata al rituale: al contrario, sarebbe una “risorsa vitale” (Renato Curcio) per individui o gruppi a disagio nella civiltà, ovvero una disponibilità cui si può ricorrere in caso di bisogno. La condotta di una coscienza liberata da confini ristretti e da appuntite foreste di “difesa”, sarebbe esplodente, capace di mettere da parte il piccolo io empirico e di abitare il mondo attivamente e di estasiarsi nel mondo. Si prospetta così una coscienza più presente degli abituali stati di veglia normali (NSC) dominati dall’autopreoccupazione e ligia a un dovere immaginario che consiste nel controllare, stare attenti, allontanare…fino a tagliare “nel vivo” e a porre continuamente ( vale a dire senza misericordia e in un giro senza fine di travestimenti multipli) confini armati a difesa delle proprie ricchezze. Invece di restituire, al buio, tutti i gioielli e Spogliarsi dei Metalli secondo il vocabolario simbolico della preparazione al viaggio iniziatico nel Rituale Massonico.

Generalizzando queste pratiche, Lapassade finisce con l’enunciare una definizione antropologica della transe come stato modificato di coscienza culturalmente elaborato, socializzato e ritualizzato. In questo schema si ritrovano così le transe verificate dall’antropologia classica e dall’etnologia. A tale proposito questo saggio sulla transe potrebbe essere utile dal punto di vista di come viene affrontata la sofferenza dei migranti. “Spesso – come osserva Leonardo Montecchi – ci sono forme di transe di possessione legate alla loro cultura d’origine là dove gli psichiatri del DSM vedono niente altro che una paranoia o addirittura una schizofrenia”.

Da questo e da tanti altri punti di vista questo libro, che ha il pregio di condensare in poche pagine tutto ciò che si sa della transe in ambito antropologico e storico, resta un testo indispensabile e quanto mai attuale. D’altra parte, la transe non è relegabile tra le curiosità etnologiche, a condizione d’abbandonare il punto di vista positivista sulla transe dei ” paesi lontani ” per cominciare a vedere che questa esperienza fatta altrove e che ha radici nelle coscienze e nei corpi, è anche la nostra e la si trova qui e ora sotto forma di fenomeno latente o già espresso.