Gioia collettiva e bisogno di iniziazione

Insieme al rinascimento psichedelico, a partire dagli anni ’90 abbiamo assistito all’emergere di nuove forme di organizzazione dell’intrattenimento, nelle quali il collante comune è la musica elettronica. In tutto il mondo, sopratutto nel periodo estivo, si assiste ad una ricca offerta di festival. In queste Temporary Autonomous Zone le giornate scorrono – insieme alla onnipresenza musicale – tra installazioni artistiche, arte psichedelica, proiezione di documentari, conferenze e workshop con ospiti internazionali, lezioni di yoga, massaggi e altre pratiche di benessere.

Queste vivaci comunità temporanee sono animate, tra le altre cose, da un desiderio di fondo di spiritualità, connessione con la natura, con importanti rimandi e riferimenti alla mitologia e allo sciamanesimo. L’emergere di questi festival in tutto il mondo mostra un chiaro bisogno di ritualità collettiva, spontanea, libera, e limitata da pochissime e semplici regole: il rispetto per se stessi, per gli altri, e per l’ambiente di cui facciamo parte. Questi festival sono un colorato carnevale di personaggi fantasmagorici e surreali: gnomi e folletti, fate e streghe, circensi e giocolieri, guerrieri post-punk e neo hippie, oltra a una pletora di gioiosi mutanti di difficile classificazione. In un’atmosfera frizzante e giocosa, questi eventi sono la versione contemporanea dei Saturnalia romani e dei riti Dionisiaci greci, moderni baccanali nei quali è possibile e consentito di perdere sé stessi, e fondersi con la folla danzante. L’esperienza della trance e dell’estasi può innescarsi con la sola musica, ovvero attraverso l’utilizzo di sostanze psicotrope.

Il sociologo Michel Maffesoli utilizza l’etichetta neo-tribalismo per definire questa spinta dionisiaca che sta portando al riemergere di micro comunità, complementari o in sostituzione alle istituzioni tradizionali (quali il clan familiare, la parrocchia, la comunità locale). Inoltre, come scrive Barbara Eherenreich nel suo libro Dancing in the street: a history of collective joy: “Questi ingredienti di estasi rituali e festival carnevaleschi: la musica, la danza, mangiare, bere, indulgere in sostanze psicotrope, travestirsi e truccarsi viso e corpo – sembrano essere universali, dalla notte dei tempi.” Insomma, cambiano le forme, ma resta costante la spinta dionisiaca verso l’estasi e la dissoluzione dell’ego.

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