Ricontestualizzare le potenzialità della terapia psichedelica

PsichedeliaLe ricadute legate al rampante interesse del mainstream per la medicina psichedelica continuano a tenere banco nella comunità internazionale. Mentre sostanze e pratiche vengono presentate al grande pubblico, spesso in maniera affrettata e superficiale, come la panacea per vari disturbi neuro-psichiatrici e come la necessaria svolta verso la corsa all’oro medico-psichedelico, non manca chi segnala piuttosto l’urgenza di un approccio più prudente, critico e articolato. È stavolta il caso di un’ampia analisi proposta su Salon.com da due esperti impegnati soprattutto nel campo delle terapie con l’ibogaina.

Con l’esplicito titolo di Perché i ricercatori studiano gli psichedelici in modo completamente sbagliato, Jonathan Dickinson e Dimitri Mugianis  affrontano in dettaglio le lacune medico-scientifiche alla base di certe facili promesse di cura e ne mettono a nudo i vari aspetti controversi, concludendo che «l’industria della salute mentale non ha idea di cosa stia facendo con gli studi su queste sostanze».

Sotto accusa è innanzitutto il modello scelto per introdurre gli enteogeni nello scenario medico, trainato in primis dalla non-profit statunitense Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies (MAPS) e mirato in particolare al trattamento del disturbo post traumatico da stress (meglio noto con l’acronimo inglese di PTSD). Aggiunta nel 1980 nel  Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM), la “Bibbia” della diagnostica psichiatrica da qualche tempo denunciato (e abbandonato) come “scientificamente insignificante” da buona parte degli stessi operatori.

Oggi il PTSD è divenuta una diagnosi sempre più comune (soprattutto in Usa), che oggi abbraccia reduci di guerra, vittime di assalti sessuali o di altri traumi, chi è affetto da stress acuto o risente degli effetti psicologici dell’emergenza Covid, e viene rapidamente riconosciuta come disabilità permanente dall’assistenza pensionistica. Senza ovviamente volerne negare gli effetti deleteri, è una condizione tanto medica quanto sociale che trova ampio spazio sui media generalisti. Portando a un quadro complessivo «perfetto per una campagna PR basata sugli psichedelici come prossima cura medica miracolosa» per far fronte al dilagare del PTSD.

Più in generale, il punto è che nell’ultimo mezzo secolo si è capito che, soprattutto in campo psichiatrico, raramente i sintomi sono indicativi dei veri distrubi in atto e dei trattamenti migliori, tesi su cui storicamente poggia(va) l’intero DSM. La scienza psichedelica, pur vantandosi di essere all’avanguardia, rimane invece ancorata a questi modelli antiquati e garantisce interventi super-mirati e perfino “miracolosi”.

È quanto sostengono, fra gli altri, il Dr. Bruce Levine, psicologo clinico, e Ross Ellenhorn, autore di How We Change (2020):  ciò vuol dire colpevolizzare questi soggetti affinché trovino a tutti i costi una “cura” e innesca una pericolosa ipermedicalizzazione della salute mentale.

Va detto che  i professionisti che gestiscono le odierne sperimentazioni cliniche, compresi i protocolli di Maps ufficialmente abbracciati dalle autorità Usa, sono generalmente persone competenti e compassionevoli. È però il contesto specifico alla base di tali sperimentazioni a rivelarsi fallace: la ricerca in quanto tale è finalizzata a inscatolare queste sostanze e i loro effetti all’interno dell’attuale sistema sanitario, tagliando fuori l’esperienza o il percorso individuale.  Invece, chiarisce l’articolo:

Se gli psichedelici offrono qualche promessa, è perché non operano in maniera lineare né danno risultati nottetempo. L’esperienza psichedelica è alquanto espansiva. Può spingere i soggetti verso la crescita e l’auto-indagine personale che si estendono nello spazio e nel tempo, magari facendo emergere problematiche e introspezioni nuove che divengono un punto di riferimento anche per anni a venire.

Non manca il riferimento (in negativo) al cosidetto “effetto Pollan”: le aspettative poco realistiche diffusesi nel pubblico (e in molti addetti ai lavori, nuove aziende incluse) dell’esistenza di una “pillola magica psichedelica”, sulla scia del best-seller pluritradotto del giornalista californiano, How to Change Your Mind (2018). Effetto che sembra destinato ad ampliarsi, vista l’uscita a luglio 2021 del seguito, This is Your Mind on Plants, ampia indagine sugli effetti sulla nostra psiche di sostanze quali oppio, caffeina e mescalina.

Piuttosto, concludono gli autori del pezzo su Salon.com, le recenti depenalizzazioni (in alcune città Usa) di piante e sostanze enteogene appaiono propedeutiche alla diffusione di informazioni corrette e di pratiche di auto-cura, oltre a ridurre i rischi legali per quei praticanti che continuano a operare nell’underground. Questi ultimi potrebbero anzi decidere man mano di   “uscire allo scoperto”, proponendosi pubblicamente come mentori e terapeutici al di fuori dell’establishment medico ufficiale ma capaci di offrire applicazioni più sfumate e articolate della medicina psichedelica.

Va tuttavia evitato, aggiungiamo noi, di contrapporre così nettamente questi ambiti: l'”effetto Pollan” può fare danni anche negli stessi ambienti underground. Una ricerca del 2017 basata su un sondaggio online (Bad Trip Survey) con più di 2000 soggetti partecipanti, ha rivelato che le esperienze traumatiche sono sorte soprattutto in simili situazioni non controllate e/o auto-gestite.

In un caso e nell’altro, occorre evitare scorciatoie e facili illusioni,  insistendo a favore di prudenza e informazione, con grande attenzione a dose, set, setting, a livello personale, oltre al rispetto di importanti linee-guida etiche per le entità che operano variamente nel settore. E nella divulgazione per il grande pubblico, meglio puntare a un approccio più maturo – chiarendo al meglio potenzialità e sperimentazioni in corso, ma lasciando perdere entusiami immaginari o false promesse terapeutiche.

Sondaggio pubblico dell’Imperial College sull’esperienza psichedelica

  • Sondaggio Imperial College Prosegue l’impegno da parte della comunità scientifica internazionale per approfondire la conoscenza degli effetti soggettivi e terapeutici legati all’utilizzo di sostanze psichedeliche. Ambito in cui il Centre for Psychedelic Research dell’Imperial College londinese ha appena lanciato uno specifico sondaggio pubblico: Evaluating APE (Acute Psychedelic Experience) Survey.

L’obiettivo è quello di esplorare quali siano le variabili interessate durante un’esperienza psichedelica, a determinarne le declinazioni così diversificate e soggettivate che possano renderla non solo un’esperienza che rievoca sempre una prima volta per l’impossibilità di predeterminarla, ma anche un’esperienza estremamente variabile e diversificata per ciascun singolo individuo, a parità di setting e di dosaggio.

Durante gli Stati Generali della Psichedelia 2019 era stata lanciata un’idea affine, nel tentativo di intraprendere una ricerca trasversale sulle peak experiences, che aveva sortito non poco interesse da parte degli addetti ai lavori e del pubblico. Come tanti  progetti di ricerca lungimiranti, anche questo non è decollato per via della mancanza di fondi – pur meritando di essere ripresi e condotti sul campo, magari in collaborazione con prestigiosi centri di studio e ricerca, proprio come l’Imperial College, qualora venissero reperiti i finanziamenti necessari. In tal senso, la rete di Psy*Co*Re offre massima disponibilità per avviare e sostenere questa raccolta di informazioni, oltremodo preziose per rischiarare un certo “ignoto scientifico” che ancora gravita intorno all’esperienza psichedelica.

Non certo casualmente, l’iniziativa dell’Imperal College è curata da Tommaso Barba, un giovane ricercatore italiano (già in contatto con Psy*Co*Re), a cui ci si può rivolgere per ulteriori informazioni. Questa la sintesi dell’invito al sondaggio, a cui può ovviamente partecipare chiunque (i dati personali verranno completamente anonimizzati):

Con le domande previste in questo sondaggio, vorremmo coinvolgere attivamente il pubblico per aiutarci a produrre un questionario valido e comprensibile sugli effetti acuti delle sostanze psichedeliche.   Anche il tuo contributo è importante per promuovere quest’approccio sperimentale e non giudicante rivolto alle sostanze, e per fare un passo avanti a sostegno della libertà di ricerca e del diritto della società per la scienza libera.

Hai mai fatto uso di sostanze psichedeliche (LSD, psilocibina DMT / funghi magici, ayahuasca, ecc.) e vuoi aiutare la scienza a comprendere più accuratamente gli effetti soggettivi di queste sostanze? Il Centre for Psychedelic Research dell’Imperial College di Londra ha bisogno del tuo aiuto! Per saperne di più e prendere parte allo studio, clicca su questo link:  https://survey.alchemer.eu/s3/90293916/APE-Signup.

L’inaspettato ritorno della psilocibina in Italia

Ricerca sui ratti in ItaliaDecisamente importante la notizia appena diffusa da Nova Mentis, azienda canadese di biotecnologia specializzata in medicina psichedelica: riguarda direttamente l’Italia e potrebbe anzi segnare l’avvio della ricerca scientifica in questo campo emergente anche nel nostro Paese.

È stato infatti approvato l’invio di psilocibina sintetica all’università di Roma Tre, per lo studio della sindrome dello spettro autistico (Autistic Spectrum Disorder, ASD: caratterizzata da ridotte abilità relazionali e sociali, da comportamenti ripetitivi, stereotipie e una serie di sintomi secondari quali ansia, deficit cognitivi e disturbi dell’umore) in una ricerca condotta su animali da laboratorio.

Parimenti stimolante è il percorso razionale alla base di questa scelta. La ricerca in questo campo rimanda alle indagini avviate già negli anni ‘60 da Rick Strassman in Usa, presso l’Università del New Mexico ad Albuquerque (come riportato nel 1997 anche nel quarto numero di Altrove, la rivista annuale della SISSC). Gli studi elencati da Strassman presentano però, caratteristica tipica di quegli anni, problemi metodologici e risultati non del tutto convincenti, pur se incoraggianti – di conseguenza non compaiono nelle indagini recenti su psichedelici e ASD.

In realtà, sono scarsi gli studi recenti sulla possibilità di applicare composti psichedelici a questa severa patologia. Vanno tuttavia segnalati casi come quello di Aaron Paul Orsini che, diagnosticato con ASD all’età di 23 anni, sperimentò l’attentuamento delle sua condizione durante il suo primo viaggio con l’LSD, descritto in dettaglio nel libro dello scorso anno Autism on acid (da non perdere la presentazione dello stesso autore su YouTube).

Volendo approfondire la letteratura che gravita intorno alla questione vengono alla luce potenziali dei composti psichedelici (proprietà anti-infiammatorie, immunomodulatrici e di neurogenesi) diversi dalle loro caratteristiche più note (alterazione della percezione ed espansione della coscienza), ma non per questo meno promettenti.

Oltre il cervello: psichedelici tra corpo e mente

Gli interessi dell’azienda canadese Nova Mentis , promotrice del nuovo studio sul ruolo degli psichedelici nell’autismo, riguardano principalmente i potenziali effetti anti infiammatori degli psichedelici e la loro azione sul sistema intestino-microbiota-cervello. 

Il microbiota, ossia la popolazione di microrganismi che abita il nostro intestino, è implicato non solo nella digestione di carboidrati complessi ma anche alla protezione dagli agenti patogeni, all’attivazione di processi anti-infiammatori e antiossidanti e alla stimolazione del sistema immunitario. Un’alterazione del microbiota è stata recentemente messa in relazione con l’eziologia della sindrome dello spettro autistico, ed è intrigante notare come gli psichedelici sembrano avere un possibile effetto benefico su di esso (ricordiamo che una larga percentuale dei recettori per la serotonina su cui queste sostanze agiscono si trova nell’intestino).

Anche lo stress ossidativo e l’infiammazione hanno una responsabilità nei sintomi autistici e, ancora, gli psichedelici rivelano un potenziale anti-infiammatorio che ha portato alcuni ricercatori ad investigare il loro ruolo terapeutico per malattie auto-immuni

Neuroni in trip: psichedelia e plasticità neurale

In questo nuovo studio italiano la psilocibina sarà testata in un modello preclinico di autismo, ampiamente validato dalla letteratura scientifica e basato sull’esposizione prenatale dei roditori all’acido valproico, un farmaco antiepilettico la cui esposizione, nell’uomo, è un fattore di rischio per l’incidenza della patologia.

Due dendriti a confronto, il secondo è stato trattato con Dimetiltriptamina
Due dendriti a confronto, il secondo è stato trattato con Dimetiltriptamina. Questi cambiamenti sono misurati dalla microscopia a fluorescenza e dall’elettrofisiologia.

Oggetto di ricerca sono anche gli effetti specifici prodotti dagli psichedelici sulla plasticità neurale (proprietà che consente al cervello di modificare la sua struttura e le sue funzioni attraverso cambiamenti dei singoli neuroni).

L’influenza psichedelica sulla crescita dei neuroni (neurogenesi) è però accertata, e probabilmente svolge un ruolo importante nello spiegare gli effetti anti-depressivi a lungo termine. Studi in vitro con cellule neurali hanno infatti provato che l’esposizione a psichedelici classici quali LSD e DMT aumenta la complessità della ramificazione di sinapsi e dendriti (fibre che permettono il passaggio del segnale nervoso e la connessione tra neuroni). Se questa influenza sulla plasticità potrà anche ridurre le alterazioni nocive al neurosviluppo causate dall’acido valproico è però ancora da stabilire.

Dal laboratorio alla pratica o dalla pratica al laboratorio?

Traendo alcune conclusioni: questo futuro studio psilocibinico italiano, il primo nel nostro Paese da quando si è osservata una forte ripresa delle ricerche in questo campo, oltre 20 anni fa in alcuni ambiti statunitensi, desta piacevole sorpresa ed è degno di interesse. Non ultimo perché parte integrante della seconda fase del revival generale in corso, tesa verso la necessaria “maturità psichedelica”. La speranza infatti è che questa ricerca possa contribuire a fare luce su aspetti ancora poco esplorati e misteriosi delle scienze psichedeliche come l’influenza sul microbiota intestinale, le proprietà anti-infiammatorie e di neurogenesi.

Caratteristiche affascinanti che mettono in risalto l’indissolubile unità del sistema corpo-mente e indirizzano ulteriormente la medicina verso un approccio sempre più integrato. Tuttavia ci auguriamo che l’Italia non si limiti a studi su modelli animali accentuando i soli aspetti bio-medici, volutamente trascurando la parte psicologico-esistenziale della ricerca in ambito psichedelico. Sono infatti gli stessi specialisti ad affermare che, sebbene gli studi di laboratorio con modelli animali siano fondamentali, solo l’esperienza umana può essere la fonte di ispirazione per una futura e autentica medicina psichedelica.

 

20/21 febbraio: #ThankYouPlantMedicine

#ThankYouPlantMedicine/2 Manca meno di una settimana all’evento #ThankYouPlantMedicine (TYPM) di sabato 20 febbraio, iniziativa globale finalizzata a condividere apertamente storie personali di come le piante-medicina e gli psichedelici ci hanno aiutato a guarire e a cambiare vita.

Obiettivo generale è quello di creare un’ondata virale di consapevolezza e gratitudine, spingendo per porre fine allo stigma socio-culturale (oltre che alle norme proibizioniste) ancora evidente un po’ ovunque.

L’evento globale è organizzato dall’omonima rete di attivisti statunitensi, la cui pagina Facebook propone l’ultimo video-messaggio di Dave, cofondatore di TYPM, che chiarisce e rilancia ulteriormente  l’iniziativa – di cui la rete Psycore è il partner italiano.

Domenica 21 febbraio sono previsti oltre 100 circoli di condivisione per tutta la giornata, aperti a tutti, disponibili in più lingue, con incontri ed eventi online, spazi di condivisioni e altro. Qui c’è il modulo su Google per segnalare eventi locali. In collaborazione con la Società Psichedelica Italiana, il 21 febbraio dalle ore 18:30 verrà facilitato un cerchio di Iside per chi volesse raccontare la propria storia o condividere riflessioni sulle esperienze personali con queste piante e funghi medicinali.

Osservatorio Media 1: a proposito di ayahuasca e informazione

Dopo il lancio della rubrica di etnobotanica, inauguriamo un nuovo spazio periodico dedicato al  fact-checking su quanto viene pubblicato sui media italiani riguardo alle sostanze cosiddette “psichedeliche” e dintorni. Come ulteriore passo nel percorso collettivo “verso la maturità psichedelica“, proveremo a offrire una lettura critica costruttiva, puntando su un approccio obiettivo ed epistemico, multivocale e riflessivo. Con il caldo invito a commentare  liberamente in calce al post stesso (evitando, come sempre, le polemiche e attendendosi a dati oggettivi e fonti verificabili).

La scelta di questa prima uscita della rubrica è stata quasi casuale, visto che recentemente sul web italiano ha preso a circolare, in modo apparentemente inspiegabile, questo articolo risalente al febbraio 2020, oltre a un recente servizio de Le Iene (su Italia 1) che ha riproposto il medesimo episodio di Fiuggi. A scanso di equivoci, quindi, la nostra analisi non ha nulla di personale nei confronti del giornalista, né del giornale con cui collabora(va). Buona lettura!


Viste le ormai frequenti incursioni dei media mainstream sulla psichedelia, ci è parso utile sintetizzare qui di seguito il quadro complessivo di questo ambito specifico, a partire dal fact-checking di un intervento risalente a circa un anno fa che esemplifica l’approccio della “grande informazione” in Italia.

Ayahuasca (da Wikipedia) Apparso sul sito web de Il Giornale, a firma di Paolo Manzo, corrispondente dal Brasile, l’articolo prende le mosse da un fatto di cronaca: “Allarme ayahuasca, la droga letale «indigena» sbarca in Italia. Durante un controllo antidroga i Carabinieri hanno infatti sequestrato venerdì scorso in un appartamento di Fiuggi capsule contenenti all’interno polvere di ayahuasca. Denunciati a piede libero per «produzione, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti», un 25enne di Aprilia, un 35enne svedese, un 40enne trevigiano e un 24enne di Roma”.

Tuttavia del caso specifico nulla viene detto, anche se parrebbe rilevante: abbiamo contattato uno dei denunciati, che ci ha spiegato com’è andata. I carabinieri, in parte in divisa in parte in borghese, si sono presentati con un mandato di perquisizione presso un casale dove il gruppo Ayahuasca Italia svolgeva ritiri e sessioni private. Il mandato di perquisizione era stato però emesso per tutt’altro motivo: le forze dell’ordine erano alla ricerca della pianta dell’iboga. Questo verosimilmente perché il gruppo italiano fa parte di una rete più estesa, che in altri Paesi propone nei suoi ritiri anche la pianta di origine africana.

I carabinieri hanno quindi proceduto al sequestro di numerose sostanze (tra cui rapé, incensi, resine, mambe) e hanno denunciato le persone coinvolte, che rimangono in attesa del risultato delle indagini chimiche. Tra queste, c’è anche un ridotto quantitativo di ayahuasca, in forma di decotto, quindi non «capsule contenenti all’interno polvere di ayahuasca», come si legge nell’articolo.  Si noti che il gruppo in oggetto è già stato, in più occasioni, criticato e la sua attività risulta per molti versi censurabile.

Certamente non ne vanno nascosti gli utilizzi ambigui e i “curanderos” senza scrupoli, bensì denunciati e puntualizzati correttamente, anche e soprattutto per chi ne sa poco. In tal senso va ricordata la dichiarazione di oltre cento accademici, attivi sul campo, in appoggio al popolo Cofan, in una diatriba emersa nell’estate 2015 che coinvolgeva Alberto José Varela, a capo dell’organizzazione Ayahuasca International e del suo ovvio modello iper-commerciale.

Procediamo ora a una disamina di quanto affermato nell’articolo italiano di cui sopra. (>> Continua qui…>>)

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Il 2021 di Psy*Co*Re: Verso la maturità psichedelica

Presentazione attività annuali 2021 della rete Psy*Co*Re: “Verso la maturità psichedelica”

Il livestreaming si è svolto Venerdì 29 gennaio 2021, ma la video-registrazione integrale resta disponibile sulla nostra pagina Facebook.

Livestreaming_29_1Il 2020 di Psy*Co*Re è stato caratterizzato soprattutto, a marzo, dal lancio del sito web psycorenet.org, e poi a dicembre dalla seconda edizione degli Stati Generali della Psichedelia in Italia (SGPI20), con recenti rilanci anche su Repubblica e l’Espresso. Insieme ad altri eventi locali, si è trattato di attività con ampio successo di partecipanti e di pubblico, realizzate grazie alla  collaborazione del cccTo, dell’associazione studentesca Mens ex Machina, della Società Psichedelica Italiana e soprattutto di un folto gruppo di volontari, oltre a media partner quali Radio Radicale, Fuoriluogo ed Eco dai Palazzi.

Sulla scia di questi sviluppi positivi, il nostro obiettivo di fondo per il 2021 è quello di invitare tutti i soggetti interessati a coinvolgersi lungo un percorso collaborativo verso la Maturità Psichedelica. Prospettiva che poggia sul crescente interesse per la consciousness in senso lato e sul revival delle sostanze enteogene nella ricerca e nell’ambito mainstream anche in Italia. Nell’evento online del 29 gennaio saranno presentate la nuova linea grafica, il palinsesto delle attività settimanali e mensili in partenza, il piano editoriale del sito web,  i podcast tematici, e il canale web-tv su YouTube. Previste anche specifiche anticipazioni di alcuni eventi e iniziative editoriali già pianificate per i prossimi mesi, in particolare MindBooks: l’editoria della mente, evento realizzato in collaborazione col Salone del libro di Torino.

Queste alcune delle iniziative di Psy*Co*Re per il 2021 già in lavorazione: Donne psichedeliche, il mondo degli enteogeni visto dalle donne e per le donne (e non solo); Psychedelic Zeitgeist, un’indagine a tutto campo sugli intrecci tra la scena psichedelica e l’ambito filosofico, letterario, musicale, artistico, ecc. delle varie epoche storiche; Voci Straniere, interviste, podcast, commenti, da esperti e attivisti dello scenario internazionale; Psyk Social Club, il format dedicato a incontri in presenza oppure online per discutere o fare cose insieme senza pretese; Residenze Esperienziali (lecite), modalità ed eventi per esperire “stati altri di coscienza” senza l’uso delle sostanze, in piena legalità e sicurezza; Rassegna mediatica, commento epistemico e lettura comparata delle produzioni giornalistiche e letterarie  in circolazione su testate, media e social.

Per seguire l’evento dal vivo, si rimanda alla nostra pagina Facebook, al canale YouTube o questo sito web. Per i giornalisti e gli addetti ai lavori che volessero porre domande nel corso del livestreaming, occorre prenotarsi inviando una email a < psy.co.re.001@gmail.com > . Per ulteriori informazioni, non esitate a contattarci.

Usa: Enteogeni depenalizzati anche a Somerville (Massachusetts)

FunghettiNel maggio 2019 Denver fece storia  diventando la prima città statunitense a depenalizzare i funghi contenenti psilocibina per uso personale. Da allora il movimento per la riforma antiproibizionista psichedelica ha conquistato altre vittorie locali (Ann Arbor, Oakland, Santa Cruz) e in concomitanza con le scorse elezioni presidenziali gli elettori dell’Oregon hanno approvato l’innovativa Measure 109 (56%), mentre nella capitale Washington D.C. è passata l’Initiative 81 (76%). E martedì 12 gennaio anche il Somerville City Council ha approvato all’unanimità la norma che depenalizza il possesso e l’uso personale delle ‘piante enteogene’, inclusive di funghi psilocibinici, peyote, ibogaina.

Come accaduto nelle precedenti situazioni, il consiglio comunale di Somerville, cittadina poco a nord di Boston in Massachusetts, ha così riconosciuto i benefici di questi psichedelici naturali nel trattamento di problemi di salute mentale come la depressione grave e l’ansia, in aumento soprattutto durante l’attuale pandemia. La misura impone alle forze dell’ordine di assegnare a chi coltiva o usa queste piante e funghi la priorità più bassa nell’attività di pubblica sicurezza. Il provvedimento prevede inoltre che il procuratore-capo  cittadino e il parigrado federale non perseguano penalmente tali casi.

La coalizione promotrice include un ampio fronte antiproibizionista, tra cui le associazioni Bay Staters for Natural Medicine e la sezione statale di Decriminalize Nature. Questa serie di vittorie continuerà a tradurrà  in analoghe iniziative nel prossimo futuro. Dal giorno delle elezioni 2020, gli attivisti a San Francisco e nello stato di Washington hanno già annunciato nuovi progetti per la depenalizzazione, mentre la senatrice dello stato del New Jersey, Teresa Ruiz, e il senatore della California, Scott Wiener, hanno annunciato di voler presentare appositi disegni di legge per depenalizzare il possesso di funghi psilocibinici e altri psichedelici.

Rispetto all’Oregon, va intanto ricordato che l’Oregon Psilocybin Services Act creerà un programma per consentire la somministrazione di prodotti psilocibinici, come i funghi, agli adulti maggiori di 21 anni, a scopo terapeutico. I cittadini potranno acquistare, possedere e consumare psilocibina presso un centro di servizi, ma solo dopo una sessione di preparazione e sotto la supervisione di un facilitatore (la psilocibina in quanto tale resta sostanza illecita nella Tabella 1). Mentre con il Drug Addiction Treatment and Recovery Act, l’Oregon è diventato il primo Stato Usa a depenalizzare il possesso per uso personale di tutti gli stupefacenti, compresa la cocaina, l’eroina e la metanfetamina.

Le quantità personali depenalizzate sono fino a 1 grammo di eroina, fino a 1 grammo o 5 pillole di MDMA, fino a 2 grammi di metanfetamina, fino a 40 unità di LSD, fino a 12 grammi di psilocibina, fino a 40 unità di metadone, fino a 40 pillole di ossicodone e fino a 2 grammi di cocaina. Chi viene trovato in possesso di piccole quantità di droghe pesanti potrà evitare il processo e la possibile pena detentiva pagando cuna multa di 100 dollari e partecipando a un programma di recupero delle dipendenze. I centri di trattamento saranno finanziati con le entrate provenienti dalla marijuana legale.

In questi ultimi anni Decriminalize Nature è divenuta il motore primario per la depenalizzazione a livello nazionale, con una mission precisa: migliorare la salute e il benessere dell’uomo depenalizzando e ampliando l’accesso alle piante e ai funghi enteogeni attraverso l’organizzazione politica e comunitaria, l’educazione, la promozione e la sensibilizzazione rispetto a queste medicine. Decriminalize Nature è attiva nell’informare l’opinione pubblica sul valore dei funghi e delle piante enteogene al fine di proporre soluzioni per depenalizzare il rapporto dell’uomo con la natura. Per fonti naturali, funghi e piante enteogeniche, sono da intendersi innanzitutto i funghi contenenti psilocibina, i cactus contenenti mescalina, l’iboga, piante e/o combinazioni estratte di piante simili all’ayahuasca; e limitatamente a quelle contenenti i seguenti tipi di composti: ammine indoliche, triptamine, fenetilammine.

Infine, un accenno al dibattito in corso (in particolare via Twitter) su una certa “preferenza” assegnata da attivisti e media alla depenalizzazione degli enteogeni, che forse può danneggiare l’intero movimento pro-riforma perché lascia tutte le altre sostanze illegali. Matt Johnson (Johns Hopkins University School of Medicine) segnala la una focalizzazione eccessiva su ‘psychedelics as “good” drugs’, mentre ancora più importante sarebbe depenalizzare l’uso di eroina, cocaina, metanfetamina, visti gli alti numeri delle relative condanne al confronto di quelle già minime per possesso di psichedelici.

Replica Ramzy Abuæita, attivo in Decriminalize Nature: “È vero che andrebbero depenalizzate tutte le sostanze illecite e non solo gli psichedelici naturali. Ma abbiamo preso una decisione calcolata di perseguire il nostro percorso di depenalizzazione di quelli naturali perché è più facile convincere un consiglio comunale dei meriti dei prodotti naturali e degli usi indigeni”.

Buon compleanno, Dr. Hofmann!

Albert HofmannL’11 gennaio 1906  nasceva a Burg im Leimental, in Svizzera, Albert Hofmann, il ricercatore svizzero noto per aver sintetizzato nel 1938 (e assunto tramite ingestione cinque anni dopo, con annessa divulgazione pubblica) la dietilamide dell’acido lisergico (Lsd), oltre ad aver isolato nel 1958 i principali alcaloidi dei funghi allucinogeni, la psilocina e la psilocibina.

L’Lsd mi ha permesso di ‘vedere’. Mi ha aiutato a capire che fuori di noi c’è una serie infinita di mondi, e che più allarghi lo sguardo, più vedi, anche se questo ‘vedere’ non è spiegabile a parole. Mi ha permesso di capire che la forza che muove tutto è la stessa da cui io provengo e con la quale ogni tanto entro in contatto.

Nell’ottobre 2007 è stato inserito nella classifica dei 100 Geni Viventi alla prima posizione, a pari merito con Tim Berners-Lee, inventore del World Wide Web. È scomparso il 29 aprile 2008, nella sua casa dello stesso borgo nei pressi di Basilea, all’età di 102 anni.

Tra i libri disponibili, oltre all’ormai classico Il mio bambino difficile (1995), altri utili testi di/su Hofmann sono liberamente scaricabili nella collana Millelire di Stampa Alternativa. Per saperne di più sulla “sua creatura” c’è anche Lsd – Storia di una sostanza stupefacente, curato dalla giornalista Agnese Codignola (Utet Libri, 2018), dove si «racconta la storia dell’acido dalla sua nascita fino alle ricerche più recenti, svelando il potenziale terapeutico di una sostanza che è stata a lungo demonizzata».

Infine, la video-animazione di cui sotto, curata tre anni fa dalla New Hampshire Public Radio, sintetizza il “lungo, strano viaggio dell’Lsd”, dalla scoperta accidentale nel 1938 passando per le numerose, promettenti ricerche degli ’60, fino alla forte ripresa delle indagini scientifiche degli ultimi anni.

Psymposia: appello alla comunità psichedelica

PsymposiaRiproponiamo qui in italiano un articolo pubblicato nell’aprile 2020 dalla redazione di Psymposia, testata Usa non-profit che “offre prospettive di sinistra su droghe, politica e cultura”,  come testimonianza della diversità di opinioni in circolazione oggi e come utile strumento per farsi una propria opinione sul tema complessivo. Intitolato Dear Psychedelic Researchers, è una sorta di lettera-invito diretta a ricercatori e psiconauti affinchè ci si impegni davvero a far sì che l’esperienza psichedelica in senso lato possa contribuire al miglioramento di tutta l’umanità. Chiarendo i limiti della medicalizzazione in corso e puntando piuttosto a un più ampio cambiamento socioeconomico, passo necessario non solo per superare una crisi planetaria mai vista come l’attuale pandemia, ma anche e soprattutto per ripensare in maniera creativa e innovativa le strutture economiche, culturali, mediche che ancora discriminano e dividono.

Vi chiediamo un minuto del vostro tempo, ora che stiamo affrontando collettivamente la paura e l’incertezza correlate alla pandemia del coronavirus. Questa situazione ci offre una prospettiva preoccupante sulla natura alterata e corrotta dei nostri sistemi politici, economici, sanitari. Ne emerge però anche uno sguardo ricco di speranza su alcune tra le più virtuose espressioni della natura umana e rispetto a quanti oggi rischiano la vita nella trincea del Covid-19: gli operatori sociosanitari che assistono e confortano i malati, i ristoratori e i fattorini che provvedono alle necessità primarie delle comunità, gli insegnanti che distribuiscono cibo a bambini affamati e alle loro famiglie.

Mentre ciascuno di noi fa l’esperienza dell’isolamento sociale, si evidenzia l’alienazione sociale imposta dal capitalismo avanzato e una salute mentale sull’orlo di un’esplosione altrettanto epidemica che gli psichedelici da soli non possono risolvere.

Da una parte, gli psichedelici rappresentano una promessa per la salute ed il benessere personali, promuovendo un cambiamento individuale e trasformativo: se venissero accolti dalla medicina mainstream potrebbero allo stesso modo impattare verso esiti di guarigione rispetto alla salute mentale collettiva. Ma la corruzione del sistema messa in luce dalla pandemia di coronavirus ci permette anzitutto di intravedere come mai la salute mentale deficitaria ha raggiunto estensioni così epidemiche.

Gli psichedelici potrebbero diventare con facilità la nostra opzione farmaceutica migliore per prendere in carico i sintomi psicologici delle nostre relazioni sociali, ma una cura vera e propria non potrà mai avvenire senza un cambiamento più vasto del sistema socioeconomico tout court. Negli Stati Uniti, la garanzia di cure sanitarie per tutti e un reddito di cittadinanza universale potrebbero rappresentare un buon inizio.

Mentre ci addentriamo nella complessità sfidante dell’attuale condizione sociale, ci si figura realmente l’opportunità di esaminare la natura sistemica dei nostri atti discorsivi e di partecipare nel processo di restauro in corso delle nostre relazioni sociali. Adesso è il momento per noi di costruire le fondamenta, di radicarle nella solidarietà e nel mutuo aiuto, di allinearci gli uni con gli altri per dedicarci insieme alle condizioni materiali a noi comuni, sia in questo momento di difficoltà, sia nel rivolgerci al futuro che verrà. Perché è ovvio che non si può tornare indietro.

Durante la pandemia, i due principali fattori dei danni alla salute mentale ci stanno guardando dritto negli occhi: la disuguaglianza sanitaria e quella di classe. Nel regime capitalista e della cultura dominante – che include la supremazia bianca, il patriarcato, il militarismo – le diseguaglianze sociali perpetuano i traumi che frequentemente si manifestano nella resistenza al trattamento delle malattie mentali.

Uno studio meta-analitico pubblicato dalla Clinical Psychology Review rivela una relazione statisticamente significante tra debito, salute mentale, suicidio tentato o realizzato. Coloro che sono morti per spinta suicidiaria erano 8 volte più a rischio di essere in debito, e coloro che dimostravano depressione sono 3 volte più a rischio di accumulare debito. I suicidi correlati alla penuria economica sono un problema globale che ha raggiunto proporzioni epidemiche. Agricoltori indiani indebitati fino al collo sono solo uno dei tanti esempi di ciò.

La correlazione tra salute mentale e debito presenta prospettive desolanti: la media di debito degli statunitensi è di 38.000 dollari e la media dei giovani millennial (persone tra i 25 e i 34 anni), è di 42.000 dollari con un’eccedenza in negativo rispetto alla generazione dei genitori. Inoltre, il discorso mainstream è drammaticamente incentrato sull’assicurazione sanitaria piuttosto che sulla salute e sulla cura e nonostante ciò, 87 milioni di cittadini sono privi di assicurazione sanitaria, sotto-assicurati o sono state vittime di qualche falla nella copertura assicurativa. In aggiunta, il 70% dei cittadini statunitensi non supera i mille dollari nel libretto di risparmio, mentre il 45% non ne ha affatto. Infine, dal 2000 i numeri di suicidi sono saliti alle stelle. La cosidetta austerity – l’assalto frontale alla rete di sicurezza sociale, giustificato precisamente dalle retoriche sul debito – sta letteralmente uccidendo la gente.

In un contesto di questo tipo, la storiella per cui la medicalizzazione degli psichedelici potrà rivoluzionare la salute mentale, in assenza di un cambio di rotta socioeconomico, altro non è che un’allucinazione persistente.

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Luci e ombre della corsa all’oro medico-psichedelico

Riportiamo qui di seguito l’articolo di Bernardo Parrella pubblicato sul numero di novembre/dicembre 2020 del bimestrale Dolce Vita.

visione cervello-menteIl revival delle sostanze enteogene nell’ambito mainstream può essere fatto risalire a poco più di vent’anni fa, quando nel 1999 Dr. Roland Griffiths coordinò all’Università Johns Hopkins di Baltimora, in Maryland, uno studio (autorizzato dalle autorità Usa) sulla psilocibina come coadiuvante psicoterapeutico per superare le dipendenze e per alleviare l’ansia della morte nei malati di cancro terminale. I promettenti risultati diedero vita a un gran rigoglio di ricerche farmacologiche e test sul campo, riflessioni letterario-filosofiche e affondi spirituali, rilanci artistici e mediatici. Oggi, nel bel mezzo della versione 2.0 di un Rinascimento Psichedelico dalle mille sfaccettature, l’approccio scientifico-terapeutico rimane spesso il necessario grimaldello per spalancare le porte della percezione sia a livello individuale che collettivo.

Gli incoraggianti risultati di queste sperimentazioni legali sembrano promettere la caduta progressiva dei divieti per ‘droghe’ come Lsd, psilocibina e Mdma, al pari delle vere e proprie ‘Plant Medicine’. A sua volta, questa prospettiva ha fatto scattare l’inevitabile corsa al big business, visto il mercato globale di proporzioni potenzialmente enormi. Trattandosi però di formule chimiche di pubblico dominio, per avere successo è obbligatorio inventarsi formule commerciali creative e originali, meglio se brevettabili e/o facilmente scalabili. Con tutti i pro e contro che ciò comporta. Basta solo dare un’occhiata ad alcune delle partnership imprenditoriali lanciate negli ultimi tempi.

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